Abbondanti e Dozzinali

Alla “Piazzetta di Felice” a Rieti per i colli sabini

difficoltà: MEDIO / DIFFICILE
distanza: circa 50 km
superficie: strada provinciale asfaltata, poco traffico
dislivello complessivo: 1005 m
specifiche percorso: cliccare qui
inizio: Stazione di Poggio Mirteto Scalo
fine: Stazione di Rieti
traccia gpx: scarica

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SU E GIÙ PER I COLLI SABINI, CON UN TRAGUARDO FATTO APPOSTA PER I CICLISTI

Questa escursione di una cinquatina di chilometri è stata studiata apposta per godersi un po’ di strade poco trafficate e immerse nel verde tra i colli sabini. Il saliscendi complessivo potrebbe sembrare innocuo o comunque meno impegnativo delle salite appenniniche, ma il reatino ama stupire a sorpresa, quindi occhio al risparmio delle energie.

La partenza dell’itinerario è dalla Stazione di Poggio Mirteto Scalo, sulle sponde del Tevere, proprio di fronte al borgo di Torrita Tiberina. È lungo una linea ferroviaria ben collegata dalle stazioni di Tiburtina o Nomentana con treni frequenti (noi abbiamo scelto quello delle 8.46, che arriva alle 9.30). Da qui imbocchiamo per qualche centinaio di metri la SP15, una strada in pianura piuttosto trafficata, per poi svoltare subito a destra per Poggio Mirteto.

Da qui il traffico diminuisce, e la salita aumenta. Prima graduale, svelando le sue belle distese di ulivi, poi qualche strappo un po’ più impegnativo, fino ai buffi toponimi di Fuori Dazio e Misericordia, dove l’andamento concede un po’ di tregua e una brevissima discesa. Ancora qualche curva e ci ritroviamo alle porte del paese, nel quale è possibile sostare per una visita (bella la piazza centrale), oppure girare a destra al bivio per Bocchignano / Rieti. Esiste una strada più bella, ma molto più dura, quella che prosegue per Poggio Mirteto e in seguito passa per Poggio Catino, ma già è dura quella consigliata…

Preso il bivio per Bocchignano, ci ritroviamo sulla SP46, che ci accompagnerà per tutto il percorso fino a Rieti. Qui ci accoglie un paesaggio ancor più bello e una forte discesa fino all’inizio dell’avvallamento scavato dal Farfa, che ci accompagnerà per buona parte del percorso. Ma i due/tre chilometri di respiro cedono presto il passo a nuove scalate, mai dure nella pendenza, ma fastidiose per l’incostanza. Nel frattempo, si costeggia dall’alto il fiume Farfa, le cui stupende gole sono a poca distanza, e ci ritroviamo a sinistra monti e colli, a volte pareti rocciose, a destra precipizi scoscesi ricoperti di boschi e ulivi.

Si passano così Castel San Pietro e Salisano, nome quantomai appropriato. Dopo lo strappo prima di questo paesino, nuova, breve discesa a lasciare l’illusione che la fatica sia finita, e nuova salita per Montenero Sabino. Una volta che la strada curva verso sinistra (o verso nord, per i marinai), il paesaggio cambia ancora, e ci ritroviamo in una vegetazione di confine tra alta collina e bassa montagna: le cime intorno a noi lambiscono i mille metri, e appaiono le prime conifere.

La salita cala di intensità, ma l’ascesa continua per un lungo e noioso rettilineo fino alla frazione di Monte San Giovanni: un bar-ristorante con un bivio è il segnale che le fatiche della giornata sono finite. A quota 800 metri, è possibile fare una meritata sosta a un singolare distributore di acqua direttamente dalle fonti del Farfa, a 10 centesimi ogni litro e mezzo, ottimo per rifornire le borracce di acqua fresca, frizzante o naturale, e pura.

Da qui in poi è tutta discesa, il vento e l’attrito sono gli unici freni naturali da qui alla nostra meta. Nel frattempo, l’aria si fa più tiepida, e appare la gigantesca conca nella quale è adagiato il cosiddetto Centro Geografico d’Italia. Superato il bivio per Contigliano e svoltato a destra in direzione centro, entriamo nel centro abitato fino a costeggiare il fiume Velino e goderci un po’ di pista ciclabile prima di entrare nei vicoli del centro storico.

Il ritorno è un po’ il punto dolente: Rieti non è ben collegata con Roma per chi viaggia in bici, ed esistono due opzioni: la prima consiste nel prendere il treno per Terni, e da lì la coincidenza per Roma, ma molte corse non si effettuano nel periodo invernale, altre non si effettuano nel weekend, altre saltano a sorpresa. Insomma, è possibile che siate a Roma alle 18 come alle 21. La seconda opzione, utile se non si è in molti e/o si ha occasione di smontare la propria bici, consiste nel fare appello alla gentilezza dei conducenti Cotral e alla loro disponibilità nel caricare le vostre cavalcature sulla corriera per Stazione Tiburtina.

LA PIAZZETTA DI FELICE (clicca per il sito)
Questa trattoria a conduzione familiare è un ritrovo di appassionati di ciclismo, ed è seminascosto negli antichi vicoli di Rieti in un piccolo slargo che custodisce anche un pergolato per mangiare fuori quando c’è bel tempo.
La cucina è semplice, abbondante e gustosa, con piatti tipici della tradizione sabina, primi tra tutti i pizzicotti, una varietà di pasta fatta in casa con sugo piccante; il menu vanta inoltre polenta di farro, gnocchi di castagne al gorgonzola, ravioli al radicchio e ortica, più un sacco di tipi di carne.

Felice è ciclista appassionato, e conserva gelosamente le magliette di Pantani e di Bugno nella sala interna, oltre a svariati trofei. Il prezzo è qualcosa di completamente arbitrario, fortunatamente nell’accezione al ribasso del termine: un primo e 6 mezze porzioni di tutto + un piatto per due di verdure grigliate + una bottiglia di rosso + due caffè + due amari sono stati fatti pagare 25€. In due.

Commenti

Una replica a “Alla “Piazzetta di Felice” a Rieti per i colli sabini”

  1. […] UN ITINERARIO APPENNINICO TRA L’AQUILANO E IL REATINO Per chi ama la montagna e la parte più ruvida e meno blasonata degli Appennini, questa strada è perfetta: chilometri di curve, salite e discese carrabili (il fondo stradale non è dei migliori, ma comunque asfaltato) dove passa una macchina ogni quarto d’ora. Il punto di partenza è la stazione di Carsoli (il regionale Roma/Pescara delle 7.42 è ormai una risorsa fissa), dalla quale ci muoviamo in direzione nord, verso Pietrasecca. Prima di raggiungere il paese, però, abbandoniamo la SS5 quater per svoltare a sinistra in una provinciale meno frequentata, la SP25, seguendo per Tufo, Pace, Leofreni. Dopo qualche km si inizia a salire, uno strappo piuttosto vivace, ma anche l’unico significativo di tutto il percorso: 14 km per 420 m di dislivello: il valico è a 1056 m e segna anche il confine tra Lazio e Abruzzo. Qui la natura ha un fascino selvatico, poco appariscente ma molto genuino. Subito dopo inizia la discesa per Leofreni e quindi attraversiamo il borgo di Pace, una manciata di case già attraversata in viaggi precedenti, e la pendenza verso il basso si fa ancor più violenta: tornante dopo tornante perdiamo tutta la quota guadagnata per attestarci sui 540 m del meraviglioso Lago del Salto. Dal ponte pare di stare in Norvegia, e l’atmosfera è tra l’umido e il mistico. Costeggiando le rive del lago sorpassiamo i paesi di Fiumata e Borgo San Pietro, che possono essere buoni punti di sosta, e arriviamo all’imponente diga del fiume Salto, che seguiremo lungo la gola che scava in direzione Rieti: pareti di roccia da un lato, precipizio col torrente dall’altro, leggera discesa. A questo punto restano gli ultimi chilometri di falsopiano su una strada secondaria parallela alla superstrada Cicolana, fino ad arrivare a Rieti. Unica nota negativa: i collegamenti dei treni impongono di passare per Terni prima di tornare a Roma, allungando notevolmente tempistiche di ritorno. In alternativa si può provare a supplicare il conducente Cotral sperando che sia di buon cuore e smontare la ruota anteriore sperando che entri nel vano inferiore del bus. Oppure ingannare l’attesa fermandosi a mangiare qualcosa da Felice. […]

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