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#12 Dalla Madunina alla signora Lina

Partenza
Chempo
Arrivo
Milano
Giorno di viaggio
5
Chilometraggio
131 Km
Dislivello in ascesa
1070 Mt
Tipologia di percorso
Paese
Fondo stradale
Cialtroni
Le mie bici

Appena mi metto in sella, il cielo esausto si apre e rivedo il sole. Uno squarcio azzurro si apre sul lago, mentre passo i vari paesini verso Lecco. La vecchia statale passa in spettacolari tunnel scavati nella roccia, mentre dalle pareti torrenti piovani scrosciano in vere e proprie cascate sulla carreggiata. La natura alluvionale del lago si ripresenta con lo spettacolo del disgelo, mentre dal bianco e nero tornano i colori.
La temperatura sale, accelero il passo.
Lecco: windsurf e kite sulle acque del lago, gli scenari tibetani dello Stelvio sono distanti solo un centinaio di chilometri e 24 ore, eppure sembra una vita fa. Attraverso il centro e mi arrampico su piccole pendenze per guadagnare il verde dei colli brianzoli.
Sulla strada per Monticello, merita una piccola deviazione di qualche centinaio di metri la sosta alla Madonnina del Ciclista, opera d’arte esposta su una piazzola con fontanella e rastrelliera, meta di pellegrinaggio e sosta. Mi fermo a scambiare qualche chiacchiera con un ragazzo su una Trek in carbonio, mi consiglia il modo migliore per entrare a Milano. L’aria del capoluogo già si avverte, siamo a una decina di chilometri da Arcore e mi attendono un paio di ripide discese prima dell’immensa e grigia piana padana.
A un semaforo mi affianca un signore su una splendida Specialized Sequoia, che si offre di scortarmi fino in centro: il mio cicerone è tesserato Fiab, pedala a passo moderato ed è un piacevole conversatore. Frattanto, guadagniamo la periferia attraversando il Villaggio Falck e le sue surreali strutture industriali di primo Novecento.
E anche l’ultima tappa è andata, 130 km di allungo scorrevole e poco impegnativo.
Resta il tempo di una cena con Alessandro, Claudia e una coppia di suoi amici di pedale, Matteo e Martina.
“Allora, se tutti, ma proprio tutti, abbiamo un sense of humour hors categorie possiamo andare dalla signora Lina”, propone Alessandro. Lo definisce “il peggior ristorante di Milano”, che merita per l’atmosfera surreale.
Ovviamente accettiamo con entusiasmo e curiosità: l’opportunità è quella di provare un’esperienza molto più rara di un ristorante stellato.
Chiamo per prenotare.
Telefonata:
C Pronto buonasera, è la signora Lina?
L Sì sì buonasera, solo Lina, la signora Lina magari alle Canarie
C (???) Ah ok benissimo, volevo prenotare per questa sera per 3 persone
L Ah sì sì va bene ci vediamo dopo
C Ah il nome è Mancini
L Sì sì non mi interessa, siamo pochi non c’è nessuno, ci vediamo dopo
(…)
Entriamo nel locale, e veniamo inondati da un’ondata stantia di anni Cinquanta e bottiglie polverose di liquori nazionali. Totalmente vuoto.
Lina è un’arzilla vecchietta trevigiana che a occhio e croce sfiora la novantina, è decisamente preoccupata della nostra presenza come se l’avessimo colta di sorpresa e comincia ad agitarsi perché “avremo fame e ancora non è pronto, intanto bevete qualcosa”.
Ci stappa tre Peroni da 66 senza che le diciamo niente, le lascia al tavolo accanto al nostro per controllare i fornelli.
Dall’altra stanza vengono rumori dal televisore che il marito sta guardando, e che è evidentemente infastidito dalla nostra presenza. Lui è afono, lei mezza sorda. Una squadra complementare e vincente nei decenni, al netto di tutto commovente.
La precarietà delle condizioni igieniche è una condizione che rasenta l’eufemismo. Mentre ci sediamo, sguardi di meraviglia di fronte all’imponenza emotiva del tutto. È il trionfo del metabrutto, tutto così brutto che diventa stupendo.
La cucina è effettivamente la peggiore di Milano, e qualsiasi cosa annega in un sugo dagli ingredienti indecifrabili. Pare che l’universo intero sia fatto di quel sugo che resta attaccato al palato, alla pelle, all’anima.
Ringraziamo Alessandro di cuore e continuiamo la serata bevendo la grappa della signora, che ci lascia tutta la bottiglia.
Al nostro commiato, il marito di Lina rimette dentro il locale un motorino che nessuno dei due era assolutamente in condizioni di utilizzare, cosa che rimane un altro dei misteri del luogo.
Concludiamo la nottata con il liquore portato da Claudia direttamente da Riga, al termine del suo viaggio in Estonia e Lettonia.

Foto