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#4 il primo passo – Pordoi 2239m

Partenza
Belluno
Arrivo
Campitello di Fassa
Giorno di viaggio
1
File gpx
Chilometraggio
92 Km
Dislivello in ascesa
2300 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Paese
Fondo stradale
Le mie bici

Fino ad Agordo il dislivello è blando e mi consente un’andatura da semi-tutinato, pur nella consapevolezza che le botte arriveranno presto.
Agordo è un vivace centro montano di quelli col campanile a punta, come a ricordarti che qui è tutto verticale e aguzzo, e i campanili non possono evitare di adeguarsi. Il tempo di un tè freddo tormentato da nugoli di vespe (“è stagione” , fa indolente il barista) e si prosegue per Alleghe e il suo lago: per fotografarlo accosto sul lato opposto dimenticandomi degli attacchi ai pedali, e cadendo rovinosamente da fermo sul marciapiede. Gli SPD confermano ancora una volta l’acronimo del Nisi.
Col ginocchio sanguinante, mi avvio con maggiore prudenza verso la prima nemesi del viaggio, il Passo Pordoi.
Effettivamente i rapporti della mia bici me la fanno pagare, specie quando l’incolpevole komoot (lui funziona benissimo, sono io che sbaglio bici) mi suggerisce una variante cicloturistica con qualche centinaio di metri di sterrato al 18% che mi costringe a scendere vergognosamente. Il torrente a fianco gorgoglia a mo’ di scherno.
Ultimo avamposto prima della scalata è Arabbe, dove scambio qualche parola con una coppia di tedeschi e faccio scorte di integratori: banane, cioccolato, nocciole.
Fortunatamente il percorso è ricco di acqua e fonti freschissime.
Poi, i tornanti. La strada si deforma come un quadro di Escher, e ti mette il dubbio che tu fossi davvero lì sotto, le pareti di granito tutto intorno ridimensionano te come essere umano in una sinfonia silenziosa e implacabile.
Sopra i 2000 l’ossigeno diventa merce rara.
Un paio di sportivi leggeri mi sorpassano, io arranco ma tengo il passo nella luce dorata del pomeriggio.
E infine, il Passo. La lapide commemorativa del più grande, Fausto Coppi, è la migliore ricompensa insieme al paesaggio e al sole morente della sera.
Sole che ti fa capire di non volerti rivedere fino a domattina inoltrata, lasciandoti nel crepuscolo della valle in cui mi attende la discesa degli ultimi chilometri. L’orripilazione cutanea (pelle d’oca) e le dita che perdono sensibilità sono il definitivo saluto all’estate, e il preludio delle pessime previsioni per lo Stelvio, nei prossimi giorni. Fondamentali i guanti, anche se a un certo punto mi accorgo di non avere più i mignoli.
Arrivo a Canazei e al suo quieto campeggio, dove una coppia di olandesi mi prende in simpatia offrendomi del tè caldo. Lui è in pensione e ha lavorato al ministero della Difesa per trent’anni, dice di essere innamorato di Roma e di andarci tutti i weekend che può ora che i figli sono grandi.
Il resto della serata è un’interminabile doccia calda (sì calda!) e la sinfonia dei piatti locali dell’Osteria Heidi, una di quelle locande di legno con due vecchini che manco la Casa di Hilde.

Foto