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Amantea

Partenza
Amantea
Giorno di viaggio
4
Tipologia di percorso
Paesaggio
Paese
Le mie bici

Ieri sera, mentre andavamo a parcheggiare le bici da Diego, Agnese ha rotto il forcellino del cambio, sulla mia bici è aumentato quel cigolio dei raggi che si portava dietro da un paio di giorni e il mozzo posteriore di quella di Giancarlo è frenata.

La compagnia perde pezzi, occorre fermarsi un giorno per risolvere i guasti diffusi dopo una tappa dura di più di cento chilometri.

Accompagnati da Diego in macchina, io, Agnese e Giancarlo raggiungiamo gli altri ad Amantea dalla mamma di Piero, per cercare di risolvere la situazione.

Il forcellino della Orbea di Agnese è senza dubbio la questione più complicata: per fortuna il cambio è rimasto integro e anche il cerchio posteriore non ha perso o storto raggi, ma trovare il pezzo di ricambio adatto non è facile.

Giri di telefonate, ricerca negozi in zona, risposte negative: Agnese medita già il ritorno e compra una sacca per imballare la sua bici e tornarsene a casa, quando Piero la porta da Cicli Cima, ad Amantea, un negozio molto fornito con una lunga tradizione alle spalle. Un padre e due figli, tutti sorridenti e disponibili. E la meno negativa tra le risposte gliela danno loro: tre giorni e arriva il pezzo di ricambio, gli dice uno dei figli. Troppo in ogni caso, tentiamo ancora qualcosa nel pomeriggio e poi come opzione rimane solo il treno del ritorno.

Però a quel punto papà Cima ci mette del suo: “Prendiamo un forcellino simile, e lo limiamo per adattarlo al telaio della bici”. Quando la meccanica diventa artigianato, non esiste disponibilità di pezzi di ricambio che tenga.

Quanto alla bici di Giancarlo, risolve il problema staccando la coroncina di plastica a fine pignone che rischiava di entrare nei raggi da un altro ciclista a Cetraro: più che ciclista, un tuttofare, dato che sulla sua insegna svetta fieramente la dicitura “salumeria del corso” vicino al marchio Bianchi e nel frattempo scarica bombole del gas. L’importante è diversificare l’offerta.

Della mia bici, invece, era stato impossibile diagnosticare il problema di quel rumorino che mi preoccupava per i due giorni scorsi, dato che cambiava ogni momento a seconda di velocità, meteo o congiunzioni astrali: click click, trac trac, zing zang, manco fosse un’ode di Marinetti. Sarà il movimento centrale? Secondo me sono i raggi che si piegano sotto il peso delle borse! E se fosse un pedale? Ma è la catena sporca di grasso! Il rumore va e viene, cambia, si sposta. Due giorni di ipotesi si annullano in una decina secondi, quando uno dei due fratelli Cima la vede e sentenzia: “è la rocchella”

“Il rocchetto? Il pacco pignoni? La cassetta?”

“sì sì, la rocchella”

Qualunque sia il nome che usi, cambiato il pezzo la bici torna silenziosa ed efficiente. Cicli Cima è il nostro deus ex machina, che permette il proseguimento del viaggio.

Passiamo il pomeriggio ad attendere le due riparazioni, chi sull’amaca in giardino a casa di Tina, chi sorseggiando un moka drink, chi a fare coccole a Lupo, cagnone placido ma anarchico col vizio di scappare di casa per giorni interi, correre appresso a fascinose randagie e poi tornare. E stasera abbiamo ritrovato ancora una volta casa.

La mamma di Piero ha preparato le papocchie, che col vino fatto in casa scendono giù divinamente. Non resta che accendere un fuoco e fare un po’ di carne alla brace, e mentre cuoce tuffarsi nelle onde immense di un Tirreno possente e schiumoso.

Quando viaggi in bici bastano tre giorni per scordare chi sei. Ripensi te stesso in un ambiente inedito, lo plasmi, ti plasma a sua volta, se ne esce cambiati, privi dei fardelli dell’identità usuale.

E come se non bastasse, arriva poi la pioggia a lavare i problemi del giorno precedente. Il tempo di mettere le cose all’asciutto, e possiamo andare a dormire, domani ci attende la discesa calabra, un’altra tappa lunga e piena di dislivelli.

Scende l’oscurità, il vento prosegue a urlare, il boato delle onde vegliano sul nostro sonno.

 

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