Borgo – Corte
La mattina si rivela molto più tiepida del previsto, Christophe deve uscire verso le 8 e sfrutto l’occasione per incamminarmi presto anch’io. Lasciata la nazionale all’altezza di Casamozza, mi arrampico fino alla piazza della parte antica di Borgo, dove l’autunno sembra incorniciare di proposito la placida immobilità del luogo, fatta di vecchi ai tavolini che lanciano sguardi sospettosi da dietro i loro giornali, e il giallo sugli alberi sembra fatto per restare lì tutto l’anno, insieme alle crepe nei muri.
Una chiesa se ne sta lì, pro forma.
La strada segue il costone di montagna dominando dall’alto il corso della più trafficata nazionale. La carreggiata si fa stretta e sconnessa, le mucche cedono il passo con ritrosia, gli ucceli rapaci compiono larghi erchi alla ricerca di prede. L’umore sale, i sensi sono in pace.
Riscopro il valore del silenzio, l’unico rumore è l’attrito della gomma sull’asfalto e qualche campanaccio in lontananza.
Attraverso ammassi di poche case e relative anime dai toponimi bizzarri, frutto di colonizzazioni genovesi, pisane e francesi, nonché della naturale tenacia dei luoghi di montagna: Scolta, Vignale, Volpajola.
Ed è proprio all’altezza di quest’ultima, dove la strada si divide in Suprana e Suttana, che abbandono il costone alto per immettermi di nuovo sulla Nazionale in direzione di Ponte Leccia.
La scelta porta con sé la sicurezza di accelerare un po’ il passo verso l’interno, ma in cambio si prende la pace e un bel po’ di quota guadagnata: torno infatti su una strada più trafficata dopo una vertiginosa discesa a curve cieche, dove rischio un frontale con un camper. Meno male che i freni sono nuovi.
Ponte Leccia – crocevia alle porte del cuore della Corsica, nodo di scambio tra la costa est, la costa nord e i monti, legittimato dal corso del fiume Golo, che risalgo costeggiandolo tra ponti ferroviari in muratura e ciottoli tondi. Breve sosta ala boulangerie del paese, dove una vecchia pelata mi rifornisce di rustici appena sfornati, da mandar giù rigorosamente con una birra Pietra ghiacciata.
Il ritmo dei chiloemtri successivi è di conseguenza più rilassato, e proseguo per la Nazionale con tranquillità, scortato dal corso parallelo della ferrovia a binario unico.
Al bivio per Castirla lascio ancora una volta la Nazionale. La strada torna deserta e silenziosa, lo scroscio del torrente induce alla pisciata oltre-guard-rail.
Arrivo a una trattoria rustica ricavata da un edificio grezzo di cemento che si affaccia sul fiume. All’interno, anziane signore vestite di scuro e coi capelli raccolti servono ai tavoli, gli occhi piccoli e severi. L’odore dei piatti rivela già l’entità del lavoro digestivo che avrà da fare lo stomaco degli avventori.
I viandanti vanno in cerca di ospitalità
nei villaggi assolati e nei bassifondi dell’immensità
e si addormentano sui guanciali della terra
forestiero che cerchi la dimensione insondabile
la troverai
fuori città
alla fine della strada
(F. Battiato, “Nomadi”)
‘