Como / Roma
Sveglia alle 6.20, comincia l’odissea del ritorno: mi alzo dal divano del salotto della madre di Marta, colazione, saluti e poi l’aria fresca di una città che a quest’ora è ancora più bella: mi faccio largo tra i piccioni e i primi passanti nei vicoli del centro, e arrivo senza problemi in stazione San Giovanni.
L’ora di viaggio fino a Milano la passo nel dormiveglia, e nei dieci minuti da Stazione Garibaldi a Stazione Centrale, in cui riconosco i viali percorsi di notte con Silvia giorni fa, e ora le strade semivuote del bel mattino estivo mi sembrano quasi gradevoli. Mi posso permettere di passare qualche semaforo rosso, e in stazione Centrale imbarco la bici insieme a due milanesi diretti a Firenze, e a quattro francesi diretti chissà dove. Tutti hanno bici più attrezzate della mia, e tende Quechua in spalla.
Il viaggiatore in bicicletta è una sorta di libellula.
È appesantito dal bagaglio, eppure si libra con una certa agilità.
È colorato in mezzo alla gente, colorato solamente della sua condizione.
Il viaggiatore in bicicletta è un essere che non conosce la paura: non può provarla, né incuterne.
Il disponibilissimo capotreno mi aiuta a cercare coincidenze dei regionali per ridurre il mio viaggio ed evitarmi la nottata a Santa Maria Novella. A Bologna risolvo il problema decidendo di deviare per Prato e da lì a Firenze, arrivando così in tempo per prendere l’ultimo regionale della giornata, alle nove di sera. Il fantasma della nottata in stazione si allontana, sembra che starò a Roma per l’una di notte, ma per scaramanzia non mi sbilancio. In alternativa, penso, c’è sempre l’autostop e i camionisti.
Nel frattempo, mi concedo anche qualche ora di riposo a Bologna pranzando di nuovo con Angela e compagnia, stavolta a casa di Laura.
Verso le 6, col fresco, eccomi ad attendere che il treno per Prato si svuoti delle bici di un gruppo di scout, saranno una trentina, sembra un film di Kurosawa.
Si imbarca con me una ragazza con la bici da passeggio, diretta a Firenze. La aiuto a caricare la bici sui ganci da trasporto e con lei scambiamo qualche parola con la simpatica capotreno riguardo Firenze, la sua viabilità, il costo della vita.
Stazione di Prato: folla eterogenea che si accalca nel cambio binari per la coincidenza; sciami di ragazzine esalano profumi alla mela e frutti di bosco, stridore di freni del treno.
Firenze, Santa Maria Novella: l’oretta di attesa per la coincidenza per Roma mi consente una breve passeggiata per una delle città che amo di più; l’oro del tramonto veste come un abito da sposa la cattedrale dell’Alberti. Pochi turisti silenziosi, kebab a portar via per me. Brezza fresca nei vicoli e Vernacoliere in stazione.
Ore 21.13, parte il diretto serale per Roma. Una coppia di simpatici francesi in bici fa il mio stesso viaggio. Ad Arezzo due poliziotti salgono sul treno. Una ragazza cinese entra ed esce dalla carrozza. La notte della bassa Toscana dispensa rari fantasmi luminosi e sporadici controllori sorridenti.
Roma Termini, quasi l’una di notte. Saluto i due francesi, raccomando loro di fare attenzione. Le vie della capitale, pur se familiari, le percorro con uno spirito di scoperta, di novità. Su via Cavour, un tassista mi sorpassa a destra. Sono tornato a casa.