Figline Valdarno / Greve in Chianti
Dopo aver fatto i bagagli in fretta e furia, parto in solitaria da Stazione Trastevere, da lì trenino urbano fino a Tiburtina: qui mi attende più di un’ora di ritardo del regionale per Firenze… Quando finalmente riesco a salire, il locale bici è ostruito da due scout e da una ragazza straniera, presumibilmente latina o sudamericana, piuttosto bella: uno dei due la importuna scherzosamente, ma con insistenza; lui ha accento meridionale e continua a chiamarla Carmela o Mela, forse è pure vero. Intanto vengo a sapere dall’altro che stanno andando a un raduno scout vicino Orte: questo secondo ragazzo è sorridente, educato, occhialuto e un po’ sfigato. Quando a Orte scendono, la loro presenza viene sostituita da un ciclista americano, una specie di stereotipo: 27enne di Los Angeles, biondissimo e sorridente; ignorando totalmente la ragazza, rimango a parlare nel mio inglese arrugginito con lui, ostacolato dalla sua pronuncia americana e dal frastuono delle rotaie: riesco comunque a capire che è uno studente di fisica, che vota Obama, e che va due giorni in Toscana con una costosissima bici da corsa Bianchi a noleggio; cerco di spiegargli quanto il suo Paese abbia influenzato la nostra cultura, i nostri costumi e la nostra moda, quando si meraviglia della quantità di graffiti sui vagoni e mi chiede dell’hip hop qui in Italia.
Salutato il mio collega d’oltreoceano, scendo alla stazione di Figline Valdarno; sono le 14.30 circa, fa caldissimo e da questo paesino spopolato dall’ora calda e dalla sacralità domenicale comincia il mio viaggio. Chiesta la strada a un anziano signore rumeno con due pesanti casse di bottiglie vuote, mi fermo per un trancio di margherita plastificata e un paio di litri d’acqua, e imbocco la statale grevigiana, che mi accoglie immediatamente con una salita: mi accorgo immediatamente di essere fuori allenamento, e mentre salgo, bambini olandesi urlano giù dal torrente nel quale giocano. Il sudore mi brucia gli occhi, superando le sopracciglia; la barba si fa salata.
Mi fermo in un’osteria immersa nei campi verdi e gialli, l’entrata non parallela alla strada a causa della salita; sono ancora a metà strada, mi dicono. Le colline del Chianti amano giocare, come Dioniso, nel bene e nel male: ti fiaccano con uno strappo a tornanti, ti lasciano il respiro illusorio di una discesa, ma il sudore ancora non ti si è asciugato al breve vento, che un nuovo rettilineo verso l’alto si presenta all’improvviso. Arrivato finalmente al passo del Sugame (529 m s.l.m.), dopo aver circumnavigato zolloni di terra dissodata e larghe tenute e poderi e vigne, si può dire che i problemi della giornata siano finiti: di lì a Greve c’è solo l’ebbrezza di panorami bellissimi ma non fruibili causa velocità e curve improvvise. Arrivato in volata al paese dopo aver passato Dudda e altri borghi, attendo Sofia nella piazza principale, sotto una singolare statua di bronzo, decapitata, ma molto dotata.
Il mio ingresso in paese viene celebrato immediatamente con due birre alla Casa del Popolo: nella “rossa” Toscana questi centri sono presenti e attivi in ogni borgo, e rivestono una funzione di aggregazione sociale che manca nei grandi centri abitati, e qui convivono e passano il tempo anziani, bambini e adolescenti, senza “fighettismi” o ghettizzazioni. Mentre mi presenta amiche e amici (notevole un tanzanese, scurissimo ed elegantissimo, che parla con marcato accento fiorentino, con tanto di th aspirata), Sofia mi racconta che a Greve la giunta è guidata da una coalizione di centrosinistra con PD, SeL e Socialisti (qui nei paesi, precisa, lo sono ancora con convizione e “purezza”), mentre Rifondazione è all’opposizione.
Il pomeriggio si veste di sera, e dopo la birra arriva pizza e mezzo litro di rosso; nel frattempo trovo una sistemazione piantando la tenda nel giardino di Stella, amica di Sofia, il cui padre si mostra gentilissimo e interessato alla mia scelta di vacanza.
Dopo ulteriori alcolici e mediocri partite di biliardino con Matteo, ragazzo di Sofia, passo una notte nell’umido dei boschi chiantigiani ricchi di cinghiali e volpi, dopo un’ulteriore marcia di 5 km di sterrato e torrenti in direzione Montagliari, per arrivare a casa di Stella. Il battesimo della tenda è positivo, contro ogni mia aspettativa e contro le aspettative del gatto di Stella, che la battezza a modo suo pisciandoci addosso.