Is Arenas – Torre Grande
Per tre giorni la Sardegna ci ha regalato la Bellezza. Questo è quanto credevamo fino alla tappa di oggi, che ha assorbito i colori e il fascino di quelle precedenti, condensandole in un ammasso di sensazioni tale da lasciare senza parole: i panorami della penisola di Oristano mescolano l’Irlanda col Messico, il Sudafrica con la Grecia, un paradiso di nuvole basse e corpose che danno profondità a un cielo già immenso di suo. Troppo tutto insieme. Andiamo con ordine.
Lasciamo il camping “Is Arenas” per immetterci sulla litoranea in direzione Oristano: bella, ma non abbastanza. Decidiamo quindi di allungare verso Putzu Idu, costeggiando l’immenso stagno di Cabras, le cui acque salmastre offrono rifugio a innumerevoli specie di uccelli acquatici durante le loro migrazioni.
Alle complanari dritte e deserte subentra poi una deviazione su sterrato, per la spiaggia di Is Aruttas: pozzanghere grosse quanto il cielo riflettono la sua vastità, mentre i colori bruciati dal sole d’agosto trovano un po’ di pace nella mattinata autunnale. E se il fango e lo sterrato possono rallentare l’andatura del viaggiatore, perlomeno il dislivello è nullo: dopo tre giorni di salite, una tappa di pianura per godersi appieno il paesaggio si rivela una manna.
Is Aruttas: spiaggia unica al mondo, famosa per i suoi ciottoli di quarzo rosa, un ecosistema di valore inestimabile. Raccogliere le pietruzze è vietatissimo, come testimoniano alcuni cartelli sul bagnasciuga.
Tour operator in bici portano gruppi di tedeschi su questi sentieri tra la macchia e il mare azzurro: ci uniamo a loro per un tratto, pedalando sullo sterrato polveroso a bordo spiaggia. Fino a quando compare la penisola di Tharros: una stretta lingua di terra protesa verso il mare, quasi manifestando la volontà di farne parte, si concede alla forza dei venti di ogni direzione. È questo il nostro personale finisterrae, un luogo sospeso tra terra e infinito, in cui convivono tutte le epoche della civiltà mediterranea: nuragica, fenicia, cartaginese, romana e medievale.
E se il sito archeologico di quella che fu la città fenicia e romana conserva quello spirito nel paio di colonne ioniche che guardano il blu, proseguire il sentiero sterrato fino all’estremità del promontorio, dove il silenzio è custodito dai cespugli bassi e dal faro, è un’esperienza mistica.
Proseguire per oggi non ha senso, troppe emozioni. Ci accontentiamo di fermarci a Torre Grande, nei pressi di Oristano, al bel campeggio “Spinnaker”. Qui ci attende un altro bungalow che per l’ennesima notte rende inutile il peso delle tende e dei sacchi a pelo.