Ogni tanto fa bene rinfrescare la Memoria.
Così come è utile pensare che un tempo non lontano – se non ieri, l’altro ieri – la bicicletta era un mezzo di trasporto e non una moda, lo è ancor di più tenere a mente che gli orrori della guerra, oggi resi così vicini eppure così lontani dagli schermi scintillanti di smartphone e tablet, erano nelle nostre campagne e nei nostri borghi.
Il 25 aprile è una ricorrenza bistrattata, distorta, revisionata. Ma nonostante tutto è giunta con tenacia al suo settantesimo compleanno.
Nell’ottobre di una settantina d’anni fa – l’altro ieri, appunto – i tedeschi avevano organizzato un piano di ritirata all’avanzata delle truppe alleate, lasciandosi alle spalle eccidi e ponti tagliati, come una bestia ferita. La fascia fortificata progettata dal generale Kesserling che tagliava lo stivale in due dal Tirreno all’Adriatico seguendo il corso dei fiumi Garigliano, Sangro e Aventino da Cassino a Ortona, era detta Linea Gustav o Linea Invernale.
Approvata da Hitler nel 4 ottobre 1943 dopo lo sbarco a Salerno, sostituiva la precedente Linea Bernhardt, più a sud, e fu teatro di sanguinose battaglie e massicci bombardamenti che trasformarono le campagne e le valli dell’Appennino in un enorme tavolo da gioco di Risiko. I borghi abruzzesi in pietra viva, arroccati con tenacia ai loro monti aspri e abbandonati da uno Stato troppo presente o ancora assente, raccontano in silenzio storie più o meno note: dal bombardamento di Cassino all’eccidio di Limmari, dalla battaglia del Sangro ai carri armati abbandonati nei monti sopra Alfedena, ogni anfratto è stato testimone di ciò che è stato.
Così, a 70 anni esatti dalla Liberazione, abbiamo deciso di ripercorrere i luoghi della Linea Gustav in bicicletta, raccogliere le testimonianze e i ricordi di chi c’era, e soprattutto di rendere un tributo alla bicicletta e alla Resistenza, considerando anche il profondo legame tra le due: le staffette partigiane si servivano spesso delle due ruote come mezzo di trasporto veloce e funzionale per recapitare messaggi e dispacci da una brigata all’altra, basti pensare tra le altre ai Ciclisti Rossi o alle Brigate Gap: ci si può rendere conto della loro importanza strategica considerando che il 5 settembre del 1944 il prefetto di Milano emise un’ordinanza che vietava la libera circolazione in bicicletta.
Dal 30 aprile al 4 maggio saremo quindi in giro per l’Appennino, partendo da Minturno per ritornare a Roma da Pescara, per le seguenti tappe:
● Minturno / Gallinaro: risaliremo il corso del fiume Garigliano sul versante tirrenico della Linea Gustav, sostando in alcuni dei luoghi più celebri della Seconda Guerra Mondiale come Montecassino e il cimitero polacco, e fermandoci in piena Val di Comino, stazione di retrovia tedesca per i mezzi pesanti che furono poi utilizzati ad Anzio per contrastare lo sbarco alleato;
● Gallinaro / Castel di Sangro: svalicando il passo di Forca d’Acero, entreremo poi in Abruzzo per i Paesi del Parco, e lasceremo il corso del Garigliano per costeggiare quello del Sangro, per avvicinarsi al confine molisano;
● Castel di Sangro / lago di Bomba: nella terza tappa ci inoltreremo nei pressi dei Monti della Maiella accompagnati sempre dal Sangro, nei pressi dei luoghi dove avvenne l’eccidio di Limmari, una fucilazione ingiustificata e indiscriminata di 114 civili da parte dei nazisti in ritirata, per fermarci sulle sponde del lago di Bomba;
● Bomba / Ortona: guadagnato ormai il versante adriatico, termineremo il nostro pellegrinaggio della memoria al cimitero canadese di Ortona, teatro di alcuni dei più sanguinosi scontri sulla Gustav, per poi risalire fino a Pescara.
All’ideatore della Linea Gustav, il generale Kesserling, Piero Calamandrei dedicò un’epigrafe che è doveroso ricordare, troppo spesso se ne cita soltanto l’ultimo verso.
Lo avrai
camerata Kesserling
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Giancarlo
Emiliano
Claudia
Daniele
Valerio
Claudio
p.s. questo reportage è frutto di un lavoro collettivo dei sei nomi qui sopra, e non solo. Grazie a Giancarlo per la guida spirituale e l’idea, a Emiliano per tutto il tratto della Val di Comino, ospitalità e amaro compresi, a Claudia per averci sopportato, a Daniele per i video e le foto (quelle belle le ha fatte lui), a Valerio per aver procacciato il cibo, a Valerio e Pia per l’intervista a Civitella, al gamberetto per la bella presenza.