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Nantes / Notre-Dame de Monts

Partenza
Nantes
Arrivo
Notre-Dame de Monts
Giorno di viaggio
4
File gpx
Chilometraggio
76.6 Km
Dislivello in ascesa
200 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Paese
Fondo stradale
Cialtroni
Le mie bici

Partenza vera e propria, ci si sveglia di buon mattino, utilizzando l’espressione “buon mattino” nell’accezione di un fuoricorso universitario fuori dalla sessione di esami al DAMS di Bologna.

Francesco oggi è libero dal lavoro, e mi accompagnerà in questa prima, epica tappa del viaggio, scortandomi per i primi 80 km fuori dalle sue lande lungo le vaste e umide piane della Vandea. Questa regione vide nascere i primi moti sanfedisti che ebbero la loro controparte italica nel movimento guidato dal conte di Carmagnola. Gente che alla fede ci tiene, insomma, al punto da avere come stemma regionale un cuore rosso con un crocifisso intersecato. Niente bestemmie.

E così, uniti gli sforzi per il massimo della nostra pietas al dolce ricordo dei fagioli divorati la sera precedente, sotto un sole cocente e arido trasportiamo – io con la mia consueta goffaggine strabordante di bagagli e pesi inutili, Francesco con la propria indolenza ritardataria che un giorno farà esplodere il mondo di una resa incondizionata ai suoi tempi – le nostre cavalcature giù per le scale di casa sua.
Foto di rito.
Estelle ci immortala, come se ci fosse la concreta possibilità che non ci debba più vedere vivi; anche se lui sarà di ritorno in serata, e anche se abbiamo appuntamento tra una decina di giorni a Barcellona.
Due colpi di pedale, e via per le belle strade di Nantes.
Dopo una sosta alla stazione a prendere i biglietti di ritorno per Francesco, traversiamo il fiume in direzione sud per costeggiare un pittoresco sobborgo di pescatori: le case sono basse, le porte quasi tutte sprangate e il fiume scorre lento come se nulla fosse.
Lasciamo l’agglomerato urbano dapprima su stradoni dritti e piuttosto trafficati, per poi cedere quasi subito al richiamo di una boulangerie, che placa il nostro stomaco a suon di quiches e dolciumi vari; in seguito il traffici si dipana e si dirada lungo statali piatte dalla vegetazione scarsa.
I campanili annunciano la presenza dei piccoli borghi abitati tra Nantes e il mare, i cui toponimi suscitano immediatamente la nostra infantile ilarità romanesca: Saint Pazanne diventa Santa Panzana, Machecoul un’esclamazione di fortuna insperata. La strada scorre via nei pantani umidi della Reserve Naturelle du Lac de Grand Lieu, strade pianeggianti e vegetazione a canneti. Ai bordi della carreggiata, aironi e svassi morti a deporre la loro solitudine nella polvere. E poi ancora Chateuneuf, Saint Urban e infine il mare. L’oceano.

La spiaggia di Notre Dame de Monts è vasta, ventosa e monotona. È il tardo pomeriggio quando con Francesco ci sediamo a un chiosco sulla spiaggia a bere quella che diventerà la costante della parte francese di viaggio: “Ti faccio provare una cosa, io ci sto in fissa: la panaché, metà birra chiara e metà gazzosa al limone! Ti rinfresca, è poco alcolica, ne puoi bere tanta senza sentirti in colpa!”  Vero, verissimo.

Da qui in poi le nostre strade si dividono: quella di Francesco torna a casa sua a Nantes col treno, con un appuntamento a fine viaggio a Barcellona, la mia scorre da sola per questi milleecinquecento chilometri di pensieri,  voci interne che a volte diventano esterne e si fanno suono nel corso della rotta verso la mia meta, quasi a voler provare se una voce ancora ce l’ho. E scrivo queste cose a distanza di anni da quel viaggio, basandomi su ricordi sfocati e rielaborati dal tempo, usando come supporti fisici solo le mappe, le foto e qualche vocale registrato a suo tempo la sera prima di addormentarmi.

È tempo di raggiungere il mio ospite di questa notte, Melynda. È una donna sulla cinquantina, con due figli, e vive in una casa di legno prefabbricata nella pineta a nord di Notre Dame de Monts: è separata in casa da anni, e il suo ex compagno vive con lei una relazione amichevole e pacifica, entrambi condividono i nuovi partner e i bambini, e passiamo una deliziosa serata suonando la chitarra e cantando.

Ho pianificato questo viaggio basandomi quasi esclusivamente su couchsurfing e warmshowers, senza portarmi neanche una tenda appresso, e viaggiando solo ho trovato ospitalità in tutti i posti in cui mi sono fermato tranne una notte. Un aspetto che ho ritrovato in molte situazioni che ho conosciuto è stato proprio questo, la disponibilità a ospitare sconosciuti in viaggio quando si è perso qualcosa, una relazione, o quando c’è un vuoto. Non che l’accoglienza di un viaggiatore sia un tappabuchi, ma perlomeno si converte quel vuoto in un gesto bello verso il prossimo.

Foto