Talmont St. Hilaire / La Rochelle
Terza tappa, ancora oceano, ancora Vandea, ma anche il primo cambio di regione.
Con passo pigro mi rimetto in cammino dal bnb di Talmont, con un asciugamano in più del posto casualmente finito nelle borse, forse per qualche forma di riequilibrio cosmico e involontario della spesa non prevista della sera prima. Il cosmo e l’universo si manifestano anche sotto forma di telefonate notturne durante falò in spiaggia, a riprova che Paulo Coelho e le sue citazioni da diario del liceo ogni tanto ci prendono.
Oggi mi attende una tappa abbastanza lunga di fronte alla mole dell’Ile de Ré, isolone affacciato sull’insenatura larga della Baie de l’Aguillon, uno stagno salmastro che si dà arie da golfo: 90 km di strade sempre pianeggianti fino alla bella La Rochelle, dove mi attende Marine, attempata insegnante con la stanza libera dei figli in vacanza.
Il passaggio tra Vandea, la regione sanfedista e paludosa dove iniziò la controrivoluzione francese, e la regione successiva è sfumato, ma comunque percettibile: mi trovo ora nella provincia di Poitou-Charentes, il cui capoluogo è Poitiers, dove l’avanzata saracena fu fermata da Carlo Martello, prima che Fabrizio de Andrè e Paolo Villaggio ne cantassero i retroscena piccanti. C’è sempre l’oceano, ci sono sempre distese di costa acquitrinosa e il clima è sempre umido e popolato di uccelli migratori, ma è il vento che è cambiato.
Il vento non sbatte più prepotente sulle rocce perpendicolare, il verso della costa e l’ampia voluta che essa disegna mi concedono un paesaggio più verde e dedicato al pascolo. Mandrie di mucche grasse e pezzate come non ne troviamo a latitudini mediterranee – e infatti la copertina di Atom Heart Mother dei Pink Floyd non sarebbe venuta la stessa in Molise, ma avrebbero forse utilizzato una podolica da caciocavallo.
Decido di economizzare la spesa imprevista della notte precedente cenando nel modo più troglodita e rozzo che mi viene a portata di mano, due lattine di tonno e fagioli consumate col coperchio della confezione come cucchiaio. A volte regredire allo stato primitivo può aiutarti a vedere le cose del mondo in maniera più chiara.
Nel tratto della Baie d’Aiguillon la strada arretra lontano dalla costa, che è occupata da zone umide: passano così paesini come La Tranche-sur-Mer, La Faute-sur-Mer, Nieul-sur-Mer, quasi a ricordare che qui il mare comunque ci sta, eh, non vi preoccupate. Al terzo giorno con me stesso già i pensieri cominciano a volare, l’euforia del monologo è alle stelle, i chilometri si accumulano sul battistrada.
Arrivo nel tardo pomeriggio a La Rochelle, prima città-città da quando sono partito da Nantes. In questo porto storico, vivace della vivacità pittoresca che ogni porto ha nel mondo, da Osaka a Marsiglia, da Napoli a New York, le luci e il tepore delle attività fremono nei lampioni e sui corrimano delle scalette che portano ai moli. Un enorme e spettacolare galeone cinquecentesco, l’inglese Dreadnought, è ancora ormeggiato qui e agghindato in una perenne feste scintillante di tempi andati di James Cook e dell’Invencible Armada spagnola. Incontro in porto Marine, un’arzilla signora occhialuta dal piglio fieramente scolastico, un piglio che conosco bene in prima persona.
I suoi figli sono in vacanza, è separata ed è contenta di conoscere persone da Paesi diversi per quattro chiacchiere. Mi porta in un chiosco del porto ad assaggiare i fritti di mare, On partage, si divide, tagliando corto ogni convenevole da ospitalità in una forma di cortesia brusca che hanno alcuni Paesi del Centro Europa. Come a dire, niente smancerie o mossette, vi conosco a voi italiani, prego grazie scusi.
Marine è burbera ma molto simpatica: il suo orgoglio gallico si manifesta puntuale come uno stereotipo quando mi porta ad assaggiare un gelato, rimarcando che “Il gelato l’abbiamo inventato qui in Francia, non come voi dite in Italia”. Sorrido, lasciandola nella sua convinzione, tanto siamo entrambi campanilisti, ed è pur sempre vero il detto che I Francesi sono Italiani di cattivo umore.
Mi addormento tra i giocattoli e i poster adolescenziali di una cameretta colorata, in un letto troppo corto ma accogliente, pronto al Domani.