Questo maledetto 2013 non accenna a finire, neanche l’estate vuole andarsene e già settembre sta facendo le valigie. Quindi decido di prendere baracca, bici e di farmi burattino per seguire / accompagnare il Perimetro nelle sue tappe salentine.
Che cos’è il Perimetro? Per essere davvero molto sintetici, sono due cari amici che girano l’Italia su una Vespa e provano a raccontarla. Anzi, uno dei due è anche abbondante e dozzinale.
“Dai, ci scegliamo tappe non troppo lunghe, partiamo insieme e ci vediamo all’arrivo, tanto praticamente arrivi prima tu a pedali che noi sulla Sprint Veloce! E magari ci scrivi un articolo sulla Ve.Le., la ciclabile che stanno costruendo lungo tutta la costa Adriatica!”
Tutto contento di prolungare le mie escursioni pedalanti, mi presento a Stazione Tiburtina con la Collalti appena ritrovata e spoglia degli amati adesivi, per scoprire che non è possibile arrivare da Roma a Taranto senza effettuare una delle due seguenti operazioni:
- smontare la bici, metterla in una sacca e pagare una delle Frecce;
- passare 24 delle circa 80 ore che mi sono concesso su un regionale. E magari altre 24 per tornare, pure.
Passo una mezza mattinata nei servizi di assistenza clienti Trenitalia e Italo: possibile che non ci siano altre soluzioni? Possibile.
E quindi, quando non ci sono soluzioni tocca al cialtrone inventarne: in questo caso la soluzione consiste nel tornare a casa, lasciare la bici da viaggio, entrare a casa di Gianluca ed Eleonora, asportare una bici pieghevole e caricare su di essa le borse. Dopodiché, presentarsi di nuovo a Tiburtina, ma stavolta al terminal dei bus e accartocciare la suddetta bici in foggia di bagaglio, infine affrontare la comodissima tratta notturna Roma-Taranto accartocciando anche me stesso su un sedile troppo stretto.
La notte ha in bocca quel sapore amarognolo di chi raggiunge sonni brevi e frammentati, in balia com’è degli ammortizzatori dei vecchi mezzi Marinobus. Fermate nel buio disperato di frazioni sconosciute, gente che sale e che scende carica di trolley enormi, odore di fuorisede e di pendolarismo di una realtà attuale. Infine l’alba, e i due mari.
Mi ricompongo, ricompongo la mia cavalcatura improvvisata: è brutta, siamo brutti, ma in qualche modo funzioniamo. Le Ortlieb quasi sfiorano terra, ma ciò mi garantisce un assetto molto stabile e pacioso. La pedalata è quella che è, ma dislivelli importanti non ce ne sono, quindi va bene così.
Appena lasciate le forme antiche e sospese di Taranto, mi ritrovo sulla tangenziale che attraversa il mar Piccolo, su uno stradone delimitato da guardrail lambiti dai tir. L’approccio non è esattamente quello di chi segue il percorso ciclabile protetto avendo studiato una traccia, piuttosto quello di chi è in cerca di una direzione sulla bussola e cerca, a braccio, di unire i punti dall’1 al 56 in cerca di una simpatica scenetta da Settimana Enigmistica.