Skip to main content

Zonza / Porto Vecchio

Partenza
Zonza
Arrivo
Porto Vecchio
Giorno di viaggio
7
File gpx
Chilometraggio
33.2 Km
Dislivello in ascesa
340 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Paese
Fondo stradale
Diario
Cialtroni
Le mie bici

Con questi 30km lasciamo le montagne corse, e ritorniamo con la violenza della discesa per Porto Vecchio al caldo e trafficato mondo costiero, quello più turistico e “in”. Partiamo in mattinata da Zonza, lasciando Francesco indietro di una decina di minuti perché “voleva farsi la doccia”: conoscendo la sua puntualità commovente, ci siamo dati appuntamento all’ultimo passo, sui 950m, avviandoci per una bella e ormai agevole salita nel bosco. Arrivati al passo, l’ennesimo paesaggio diverso si apre con violenza al nostro sguardo: è arido, roccioso, lunare, affascinante. Decidiamo di fermarci a mangiare un boccone e a prendere un po’ di sole sulle rocce, sul cui sfondo si tagliano profili sinistri e inaspettati. Mi aggiudico il Premio Troll del giorno, riconoscimento che ha effettivamente perso interesse dopo le performances leggendarie dei primi giorni, facendomi immortalare a cavalcioni sul ramo di un pino in postura esplicitamente fallica.
Finita la pausa, si scende, pianura, poi ancora discesa e ancora pianura: costeggiamo un grande  lago artificiale attraversandolo sopra una diga, sulle cui rive ombrose molti tedeschi e motociclisti tamarri fanno il bagno, passiamo l’entrata del sentiero per le cascate di Piscia di Gallo (cui rinunciamo perché raggiungibili solo a piedi in 30/40 minuti) e traversiamo la bella Foresta dell’Ospedale.
Giunti in località Ospedale (anzi U Spidali, come dicono i corsi), ci si schiude improvvisamente
dinanzi il golfo di Porto Vecchio e, per la prima volta da Bastia, il mare. È un confine che segna la nostra catabasi di 17km dalle pure e fresche montagne dell’entroterra al vuoto e turistico litorale. Ci lanciamo (io con molta prudenza, essendo messo male coi freni e con la ruota) dunque nella spettacolare discesa, la temperatura sale progressivamente e in maniera quasi tangibile, il caldo si fa opprimente. Porto Vecchio ci accoglie in modo un po’ sgradevole, probabilmente non l’abbiamo nemmeno vista tutta, ma ci dà l’impressione di essere una località turistica alla moda, quindi la nostra esplorazione del luogo si limita quasi esclusivamente al gigantesco centro commerciale alla periferia della città. La pace e le asperità della montagna guadagnate col sudore della salita hanno bruscamente ceduto il passo ad una cappa di afa e di carrelli del supermercato.
Le scarpette gay di Gianluca, ormai ridotte a brandelli, vengono sostituite con dei simpatici sandaletti di gomma nera lucida, di quelli che usano i bambini grassocci e viziati a Ladispoli.
Alloggiamo per una sola notte ad un campeggio in una collina di ulivi e terra rossa, dove conosciamo un austriaco che percorreva in bici il nostro percorso a ritroso. Ci dice che, come avremo modo di constatare, la strada costiera è trafficata e ricca di irritanti saliscendi.
Decidiamo di cancellare anche la gita a Bonifacio, nell’estremo sud, e di rimetterci in cammino il
giorno successivo per assistere al concerto di Simon & Garfunkel a Roma, il 31 sera, proposta auspicata fortemente da Gianluca e Claudio, che vi avevano perso le speranze, indifferente ma utile a Federico, che era in partenza per i paesi dell’est subito dopo, e osteggiata e criticata da Francesco, che sarebbe rimasto anche di più.
La sera, dopo aver assistito ad un piacevole concerto acustico di canzoni popolari corse, tra cui era stata inserita “Comandante Che Guevara” (il Che è infatti associato nella simbologia locale al Moro corso, sempre in chiave indipendentista), giriamo per le vie della città vecchia, affascinanti  vicoli vecchi dal sapore vagamente moresco, pieni di negozi, locali costosissimi e cafoni, papponi, zoccole e italiani.

Foto