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Il desiderio di non essere in una Critical Mass: lettera aperta a Francesco Piccolo

20 Ottobre 2014

Gentile Francesco Piccolo,

sono un suo lettore ed estimatore di molti dei suoi libri. Momenti di trascurabile felicità mi è davvero piaciuto, e la recente premiazione de Il desiderio di essere come tutti al Premio Strega 2014 la ritengo più che meritata, nel complesso. Però devo dirle che questo passo presente nel libro non l’ho proprio digerito:

… assomigliavo a quel gruppo di ciclisti che incontro ogni tanto per la città, che occupano tutta la strada procedendo con lentezza studiata, perché il loro obiettivo non è andare in bicicletta, ma punire coloro che sono in auto e sulle moto. Non sono usciti per andare da qualche parte, ma per bloccare il traffico. Appunto, per punire. Quando mi è capitato di trovarmi in mezzo a loro, intrappolato con il mio scooter, ho provato ad infilarmi in uno spazio, a passare, si sono incazzati. […] Non solo mi impedivano di passare, ma cercavano di di piantare nella mia testa sensi di colpa e pensieri bui che mi sarei ritrovato di notte, nell’insonnia. . […] Ogni volta che li incontro, nonostante pensi che abbiano ragione, che il traffico e lo smog siano insopportabili, la mia sensazione è precisa: son contento di non far parte del loro gruppo, ma di stare insieme agli altri, gli automobilisti e ai motociclisti.

so di non essere il primo che lo estrapola dal suo contesto, quindi non avrò la presunzione di criticarlo in quanto tale, ma come parte di una similitudine ben più ampia.

Innanzitutto, mi sento deluso dall’utilizzo di questo paragone fatto da Lei, che per quel che ho avuto modo di leggere, ha un’intelligenza rara e un’ancor più rara capacità di analisi ironica del singolo soggetto tanto quanto del collettivo (forse più del singolo che del collettivo). E l’intelligenza, quando è utilizzata per scopi fuorvianti dalla realtà tramite una pericolosa distorsione, magari con la complicità del cambio di punto di vista di osservazione, fa proprio male.

Badi bene, non la sto certo paragonando al sofismo vomitevole del giornalista Gabriele Corsi, quella è una squallida operazione da SEO, una SERP in seno al Fatto Quotidiano, una caccia al click e alla condivisione, indignata o accorata che sia (ah, sì, quello è uno dei casi in cui non potevo trattenermi dal commentare, se scorre in basso). Ma proprio perché lei è di tutt’altra pasta, mi permetto di scriverLe una lettera aperta.

Ogni giorno sento e leggo commenti abbondanti e dozzinali (questi davvero, non nell’accezione del titolo del mio blog) sui ciclisti arroganti e autocompiaciuti, o sui disagi che essi creerebbero alla circolazione con la cosiddetta “pedonalizzazione selvaggia”, termine risibile a effetto boomerang sul quale non mi soffermerò oltre; a volte rispondo, cercando di spiegare dove secondo me il loro ragionamento è un serpente che si morde la coda, a volte invece lascio correre, casi disperati, superficialità, mancanza di cultura, che i fatti li puniscano.

Ecco, i fatti, non i ciclisti.

Non siamo noi, i punitori, ognuno sceglie di autopunirsi a modo suo!
Non siamo noi, quelli che passano ore nel traffico ogni giorno, accettando questo fatto come un male inevitabile, senza rendersi conto di contribuire a crearlo, ma andando su tutte le furie quando la causa dell’interruzione alla nostra perpetua corsa sono biciclette, mezzi a propulsione muscolare, a trazione umana, alimentati a birra e mortadella.

Noi singoli e le nostre scelte sono un riflesso in Piccolo della società.

L’intento delle Critical Mass è quello di sensibilizzare la gente a un problema concreto, le assicuro che se vorrà partecipare avrà modo anche Lei di constatare che nessuno si sente migliore di nessun altro. A volte questo messaggio passa, altre no, come nel suo caso, a quanto posso capire se lo usa per meglio spiegare un concetto che in buona parte posso (potrei) condividere.

Avrà notato anche lei che per vari motivi, che vanno da una presa di coscienza comune alla crisi e all’aumento dei costi della benzina, per la sua (la nostra) Roma girano sempre più bici. Il processo verso una civilizzazione di questa città è lento, difficoltoso e ancora molto lungo. Sminuire questo processo per accaparrarsi un’immagine di effetto nel suo libro è un’operazione che sfiora i limiti della disonestà intellettuale.

La prossima volta, se vuole cedere di nuovo alla tentazione di gettarsi in un paragone “ardito” e accattivante, le consiglio almeno di documentarsi su ciò di cui sta parlando. In primo luogo, “Quel gruppo di ciclisti” che incontra ogni tanto per la città ha un nome, che molti automobilisti o passanti incuriositi si fermano a chiedere, invece di azzardare sorpassi pericolosi (avrebbe tentato il sorpasso “infilandosi in uno spazio” delle medesime dimensioni, in una congestione di traffico motorizzato?) e poi farsi prendere dai sensi di colpa. Seconda cosa, la Critical Mass non è un “gruppo”, termine che evoca un club, una lobby chiusa (sì, anche se per parlarne in termini positivi, c’è anche chi l’ha definita così), ma una realtà che appartiene a tutti, a chiunque lo voglia, e che tra i suoi obiettivi ha un benessere maggiore per tutti, anche di quelli che si ritrovano bloccati in macchina. Infine, ha una vaga idea di cosa rischia ogni giorno, fuori dalla massa, ogni singolo ciclista di quel “gruppo” nel traffico di Roma? Secondo lei, la scelta di sottrarre quotidianamente alle strade una carcassa di acciaio, e contemporaneamente di sottrarsi alle protezioni che quella carcassa di acciaio offre, è autocompiacimento? Tra snob e cojoni c’è una certa differenza, anche se per chi ha fatto un po’ di insiemistica le due categorie possono intersecarsi. L’autocompiacimento riguardo alla bici può al limite appartenere a certi discorsi riempi-bocca di chi la bici non la usa davvero come un mezzo di trasporto abituale, ma dei modaioli dell’ultim’ora. Ma ben venga anche questo, anche il fattore estetico e la moda hanno il loro ruolo nella sensibilizzazione delle istituzioni.

Ma ora basta, non vorrei dare l’idea di voler fare del proselitismo, quello lo lascio a Lotta Comunista, a Fastweb o ai Testimoni di Geova. Non sono un fanatico né voglio apparirlo, non ho nemmeno tirato in ballo polpettoni ecologisti, anzi di solito faccio autoironia sulle mie debolezze e incompetenze ciclistiche. Mi limito a osservazioni di buonsenso, almeno per quanto riguarda le mie opinioni. E se dovesse pensare che questi siano discorsi pesanti, in tal caso sarei costretto a pensare che questo discorso stia abbassando l’asticella dei nostri valori verso un obiettivo più Piccolo.

Rimani incastrato in un traffico di ciclisti per cinque minuti, magari ti sfottono pure. Chesaramai?

Claudio Mancini

 

Il desiderio di non essere in una Critical Mass: lettera aperta a Francesco Piccolo