Alla trattoria “Trattozero” a Calcata, lungo la Valle del Treja
UN PERCORSO CINEMATOGRAFICO/NATURALISTICO POCO IMPEGNATIVO
Un’escursione non troppo lunga e senza salite impegnative, che ha per meta uno dei borghi più suggestivi e particolari del Centro Italia: Calcata. Arroccata su un unico blocco tufaceo, questo paesino ricco di storia e folklore domina la splendida Valle del fiume Treja, stagliandosi col suo profilo caratteristico.
L’itinerario studiato è particolarmente affascinante, come testimonia anche il fatto che alcuni dei luoghi attraversati sono stati usati come set cinematografici di film del calibro di “Brancaleone alle crociate” (Civita Castellana, ruderi visibili sulla strada per Calcata) o “Lo chiamavano Trinità” (Cascate di Monte Gelato).
La partenza più comoda è quella dalla stazione di Anguillara, ben collegata con le stazioni di Roma Ostiense, Roma Trastevere e Roma San Pietro lungo la linea verso Monte Mario. Le partenze sono frequenti e il biglietto economico (2,60€), e questo treno rimane una comoda soluzione, a meno che non si voglia allungare l’escursione partendo direttamente in bici da Roma, la distanza non è proibitiva.
Superati i pochi chilometri di Anguillarese fino al bivio per Trevignano, poco prima di entrare in paese, si passa una breve discesa nel verde ombroso per ritrovarci il Lago di Bracciano sulla sinistra, sulla SP12b. L’andamento è pianeggiante, il traffico moderato, l’atmosfera placida come solo le rive di un lago sanno creare.
Si passa tra filari di pini fino al bivio per Mazzano Romano / Calcata: svoltiamo a destra per affrontare una delle due lievi salite dell’andata: poco più di un chilometro per conquistare il crinale di Colle Fiorito. Siamo ora in mezzo ai campi di grano e alle colline, la salita del bordo del lago sono alle nostre spalle.
Attraversiamo il fluire rapido e aggressivo della Cassia grazie a un cavalcavia, poco a nord del’autodromo di Vallelunga: evidentemente chi prende la statale la scambia per la pista, a giudicare dai giri del motore. Ma davanti a noi c’è ben altro spettacolo, un monte solitario nella pianura dell’Alto Lazio: come diceva Orazio,
Vides ut alta stet nive candidum Soracte,
nec iam sustineant onus silvae laborantes,
geluque flumina constiterint acuto.
[vedi come l’alto Soratte sia ricoperto di candida neve,
e come ormai gli alberi affaticati non sostengano più il peso,
e come i fiumi siano fermi per l’acuto gelo]
La strada continua verso Mazzano Romano, unico paese attraversato all’andata. Poco prima del centro abitato, sulla sinistra possiamo scorgere un rudere sulla sommità di una collina coltivata a grano, dove fu girata la scena del duello tra Brancaleone-Gassmann e Teofilatto-Volontè.
Passato il paese, una vorticosa discesa nei boschi ci accoglie nella splendida Valle del Treja, il cui corso si fa largo tra le selve non senza passaggi tortuosi, vedi le Cascate di Monte Gelato, location di innumerevoli film, uno tra tutti Lo chiamavano Trinità.
La seconda e ultima salita ci regala il caratteristico profilo di Calcata a poco a poco, mentre ci avviciniamo al suo centro storico abbarbicato sulla collina tufacea su un viadotto asfaltato: siamo arrivati, la città del Santo Prepuzio ci attende per riempir gli stomaci.
Per il ritorno, come al solito esistono varie soluzioni:
a) quella prevista per non faticare troppo è raggiungere la stazione di Civita Castellana, a circa 20km da Calcata, e prendere un treno che torni a Roma (attenzione agli orari: se si perde quello delle 16.44, nel weekend bisogna aspettare due ore per quello successivo, alle 18.44). Ci sono solo due tratti in salita molto brevi, quello molto breve all’uscita di Calcata in direzione Faleria, e quello di Flaminia tra Civita Castellana e la frazione di Borghetto, dove è situata la ferrovia.
b) tornare a Roma direttamente in bici, se si ha tempo e voglia di fare una cinquantina di km oltre ai 30 già fatti. La strada è decisamente più bella e non presenta salite, ma bisogna valutare la voglia di rimettersi in sella in relazione all’ora e alla pienezza di stomaco. Passato il breve strappo in direzione Faleria, si svolta a destra per via di Magliano Romano: ci ritroviamo quindi su una bella strada praticamente ciclabile, con una macchina ogni venti minuti, immersa nella campagna. Da qui proseguiamo lungo la SP18b, e se le bici e il tempo lo consentono possiamo anche fare una deviazione per lo sterrato del bellissimo Parco di Veio, fare una visita alle sue cascate (location del Pinocchio di Comencini) e riprendere la strada in direzione Formello. Da qui, è sufficiente seguire la SP12a per ricongiungersi alla Cassa Veientana (e alla linea ferroviaria delle stazioni La Storta, Ottavia, Giustiniana, dirette verso il centro) e imboccare la ciclabile di Monte Mario fino a Valle Aurelia.
LA TRATTORIA “TRATTOZERO” DI CALCATA (clicca per il sito)
Vanno fatte innanzitutto tre premesse doverose: la trattoria prescelta per il ristoro di benessere&salume a Calcata era inizialmente “La Piazzetta“, che ci era stata caldamente consigliata, ma per il giorno designato non c’era posto e dato che la domenica di sole settembrino aveva attirato molte persone abbiamo scelto di affidarci al principio del “dove magni magni bene”: la cucina del luogo non ha certo difficoltà a imporsi anche sugli appetiti più esigenti. Le necessità di far fronte al flusso di turisti a qualsiasi costo, però, hanno influenzato negativamente il giudizio sul posto in cui ci siamo fermati.
La terza e ultima premessa è che una simile onta come quella descritta qui sotto andava lavata, e a questo ha pensato Daniele, che è tornato in un secondo momento a Calcata in sella alla sua Brompton per recensire l’ottima “LATTERIA DEL GATTO NERO” (clicca per l’articolo)
Il menu del “Trattozero” è onesto nei prezzi, poca scelta ma invitante, con ravioli ripieni di patate, timo e pecorino tonnarelli alla norma, tagliata di manzo e ragù di agnello, e anche il panorama dalla terrazza sul lato posteriore della Valle del Treja è molto piacevole; ma i tempi di attesa sono titanici, e le porzioni sono buone per una merendina da inappetenti quando già si è a stomaco pieno. Per carità, i ravioli erano ottimi, ma erano anche quattro. il requisito di abbondante (sul dozzinale tralasciamo) è ben lungi dall’essere soddisfatto, specie dopo 30 km di pedalata. Senza dubbio la trattoria in questione si è trovata a far fronte a un numero di clienti superiore alle possibilità di scorte e cucina, ma la professionalità di un ristoratore sta anche e soprattutto nel respingere i clienti prevedendo i propri limiti, invece di continuare a dire loro “di tornare verso le tre o le quattro di pomeriggio”. La fame è stata saziata soltanto grazie agli ottimi (e questi sì, abbondanti) panini con ciauscolo o salsiccia e broccoletti del Forno di Olga Parretti, per poi concludere con dei deliziosi biscotti al cioccolato, caffè, mandorle e zenzero.