Al lago di Posta Fibreno, lungo il fiume Liri
Un percorso per bici da strada che unisce una distanza notevole, poco più di 100 chilometri, a dislivelli piuttosto blandi. Sfruttando l’intermodalità treno-bici e la morfologia del territorio, infatti, l’andamento altimetrico è quello di una inesorabile discesa che accompagna il corso del fiume Liri dalle sue sorgenti a Sora, per poi sfruttare il bacino del Melfa. I fiumi tendono ad essere amici dei ciclisti, poiché è noto che scelgano la discesa.
A parte l’iniziale salita da Tagliacozzo a Cappadocia, che dai 780 metri s.l.m. della stazione ci porta gradualmente a una quota di quasi 1200 metri, rare infatti sono le salite, e rarissimo il traffico su queste strade dimenticate tra Lazio e Abruzzo: non più Lazio, non ancora Abruzzo, in una sottile linea immaginaria fatta di faggi, cascate e mete sciistiche dimenticate già negli anni Ottanta, quando il sogno di un benessere illusorio ha spinto a costruire residence, maneggi e impianti di risalita, e a dare improbabili nomi come Piccola Svizzera ai nuovi insediamenti del turismo invernale.
Ma l’identità sfuggente della Valle del Liri, che separa il bel Parco Regionale dei Monti Simbruini dalla Piana del Fucino e l’avezzanese, è fatta di borghi di pietra e pastorizia, luoghi discreti e silenziosi come Capistrello o Castellafiume, posti in cui si fa perfino fatica a trovare una trattoria, e se va bene c’è un forno aperto e una signora che ti guarda con indolente curiosità. La prima parte del percorso fino a Capistrello è comune alla traversata dei Simbruini descritta qui, che a questa altezza risale svalicando verso il Lazio. In questa traccia, invece, rimaniamo lungo il Liri il più possibile, godendoci 60 km di leggera e velocissima discesa che ci consente un ritmo molto spedito, passando sporadici centri come Civitella Roveto, Morino, San Vincenzo Capoluogo, San Giovanni Valle Roveto o Balsorano: ci accorgiamo dell’esistenza di una linea ferroviaria dalla storia travagliata, le cui stazioni giacciono a fondo valle in una sequenza quasi desolata. Parliamo della Avezzano / Roccasecca. Questa tratta a scartamento ordinario non è elettrificata, e fu più volte sospesa e riattivata: al momento sono in corso lavori di ristrutturazione, ed esiste un servizio bus sostitutivo che però non prevede trasporto bici.
Sempre godendo di un dislivello lieve che incoraggia la pedalata a una certa velocità, giungiamo a Sora, maggiore centro della zona, da dove parte la monumentale salita per Forca d’Acero e il Parco Nazionale d’Abruzzo. Qui è possibile sostare a mangiare qualcosa in una delle numerose e squisite trattorie (una delle nostre preferite è l’Osteria dei Briganti), prima di lasciare il corso del Liri e seguire quello del suo affluente Fibreno, fino all’omonimo lago: immobile al limite dell’inquietante, questo specchio d’acqua ai piedi del massiccio marsicano che separa la Ciociaria dall’Abruzzo ha una singolare caratteristica: al suo interno fluttua infatti la cosidetta Rota, una sorta di isolotto galleggiante che cambia posizione a seconda del vento e delle correnti.
Dopo il lago di Posta Fibreno, attraversiamo campagne e praterie fino a Vicalvi, e con qualche minimo dislivello giungiamo a Casalvieri. Siamo ora in Val di Comino, e il modo migliore per terminare il giro è quello di godersi un’ulteriore, lieve discesa: le Gole del Melfa, incluse in tanti altri percorsi, sono il dessert perfetto per un giro lungo ma rilassante da chiudere alla stazione di Roccasecca.