Alla Cooperativa dei pescatori di Terracina
DAMOSE ALL’ITTICA
Dopo tanto colline e cibo di terra, ogni tanto è opportuno concedersi rilassanti pedalate per le tranquille distese pontine, in cerca di mete che invece di spopolare foreste e campagne si concentrano sugli abissi. Per una volta, benessere&salume si trasfigura in BENESSERE&SALMONE.
Questo itinerario è adatto a chiunque, non presenta salite, è breve e può essere compiuto con tempi rilassati a ritmo di passeggiata oppure integrato con varianti con deviazioni e punti di interesse suggestivi.
La partenza è dalla stazione ferroviaria di Priverno/ Fossanova, collegata con linee frequenti in partenza da Stazione Termini (noi abbiamo scelto la partenza delle 8.49 con arrivo poco prima delle 10 per avere tutto il tempo di fare fermate e deviazioni, ma ve ne sono altri successivi che permettono di essere a Terracina per l’ora di pranzo in tranquillità).
Prendendo da qui la SP62/a destra in direzione Priverno, vale la pena fare la prima, breve deviazione di circa 2km per visitare la meravigliosa abbazia di Fossanova, un complesso monastico cistercense perfettamente conservato. Occorre semplicemente proseguire dritti per la provinciale fino all’indicazione a destra, e unire il sacro al profano con una sontuosa colazione al bar che si trova poco prima (noi l’abbiamo fatta con l’imponente crostata preparata da Penelope per il compleanno di Giancarlo, ma tant’è), onde presentarsi al monastero da pellegrini già a stomaco pieno.
A questo punto si torna sui propri passi sulla SP62/a per poi svoltare a sinistra in direzione Sonnino e allineare il proprio corso con quello del fiume Amaseno, che ci condurrà fino al mare. Da qui in poi, la stradina di campagna lungo l’Amaseno forma una stupenda ciclabile naturale, pianeggiante, con traffico pressoché assente, scandita dalle rassicuranti forme dei Monti Aurunci a sinistra e dal volo degli uccelli acquatici nel vecchio canale di bonifica a destra. Nel periodo invernale, tra l’altro, gli aironi stazionano da queste parti, e l’andamento pianeggiante lungo il corso d’acqua fa pensare a certe ciclabili olandesi o francesi.
Alle nostre spalle, il preappennino e i Lepini. Di fronte, il mare. Qua e là, rovine romane sparse, vecchi ponti e nuove ville abusive. L’Agro Pontino è terra di contrasti, di bonifica e di un patrimonio storico, sociale, naturalistico e gastronomico da non sottovalutare.
Le strade complanari di campagna consentono un ritmo rilassato e delle chiacchiere da ciclisti cialtroni affiancati, con il primo o l’ultimo della fila che urlano “macchinaaaa” ogni quarto d’ora; l’unico punto in cui fare attenzione è l’intersezione con la via Appia nuova prima di Terracina: il nostro percorso la evita deviando per la Fiora e costeggiando il tracciato della vecchia linea ferroviaria per il paese, oggi in stato di abbandono. Da qui imbocchiamo l’Appia Antica, che ogni tanto mostra qua e là lascia trasparire tracce di basolato sofferenti o resti di acquedotto usati come delimitatori di campi da calcetto.
Entrati in Terracina, si prosegue lungo il canale che ci condurrà senza possibilità di errore al porto, e quindi anche alla nostra meta, il Centro Ittico. Suggestivo e rozzo l’esempio di corsia ciclabile che protegge il ciclista terracinese dal traffico intenso del centro, una colata di vernice rosa senza alcuna barriera, che comunque è grasso che cola. Dalla pacata e immobile atmosfera dell’Amaseno di prima, ci ritroviamo in un colorato e vivace ambiente urbano già in odor di Borbone.
Se l’anticipo per l’ora di pranzo è ampio, e non si ha ancora quell’appetito necessario a fronteggiare quintali di pesce, sicuramente merita una visita il Tempio di Giove Anxur, arroccato in cima al faraglione che domina la città, ultima vertebra della dorsale degli Aurunci prima di tuffarsi nel Mediterraneo. Questo tempio romano è raggiungibile con un paio di chilometri di dura salita, per uno sforzo breve ma intenso ampiamente ripagato dal panorama sul mare. Se invece si temono le salite, va benissimo una passeggiata sul porto o sul lungomare.
Per il ritorno, esistono varie soluzioni a seconda del grado di benessere che si vuole raggiungere e a seconda delle quantità di vino bianco in corpo. Le stazioni più vicine sono quelle di Monte San Biagio e Fondi/Sperlonga, entrambe sulla linea del regionale Roma/Napoli, e la seconda è poco più lontana ma ha fermate più frequenti.
Si lascia Terracina passando accanto all’antica porta napoletana, scavata nella roccia del faraglione, dalla quale un tempo si usciva dalla città per proseguire l’Appia verso Sud. La strada ci accompagna col mare sulla destra e delle suggestive formazioni rocciose sulla sinistra, ma dopo qualche chilometro, nei pressi del Lago di Fondi, si fa più trafficata: è quindi opportuno lasciare l’Appia alla prima occasione buona, ovvero nei pressi dell’incrocio con la linea ferroviaria.
Una svolta secondaria a destra ci porta su una strada di campagna parallela ai binari, altra ciclabile naturale dove è possibile rilassarsi tra gli odori della campagna pontina e lo stallatico delle bufale tanto note e amate in questa regione. Il fondo è asfaltato ma sconnesso, il traffico pressoché assente, le scritte equivoche: “Ciclista pedofilo di merda stai attento”.
Senza abbandonare questa strada è possibile accedere in tranquillità tanto alla stazione di Monti San Biagio (circa 7 km da Terracina) che a quella di Fondi/Sperlonga (20km).
IL CENTRO ITTICO COOPERATIVA PESCATORI DI TERRACINA (clicca per il sito)
A Roma “T’offro na cena de pesce” è usato per dire “Ti sono debitore di un grosso favore”, a testimonianza dell’incidenza maggiore sul conto totale di un menu di mare rispetto a uno di terra. Sempre a Roma, metropoli turistica a una trentina di chilometri dal mare, trovare posti che servano pesce fresco non è affatto scontato. Quando la distanza dal mare è di circa venti metri, e quando la filiera dei costi di produzione è abbattuta drasticamente, i risultati migliorano decisamente. Questa cooperativa unisce il lavoro dei pescatori che portano giornalmente i frutti del loro lavoro a quello delle loro mogli che provvedono a cucinarlo e rivenderlo in maniera diretta, riuscendo a offrire cucina di pesce di alta genuinità a prezzi davvero contenuti (i piatti vanno quasi tutti dai 5 agli 8€). Contribuisce ad abbassare il prezzo anche l’assenza di servizio ai tavoli, si prende il vassoio, si passa in rassegna il banco affamati a scegliere (con estrema difficoltà) i piatti e si paga in fondo, come in qualsiasi mensa take away.
La scelta è vasta e abbondante: fritti misti, calamari, moscardini, zuppa di pesce, spaghetti con le vongole, insalata di polpo con patate, paccheri e chipiùnehapiùnemetta, il tutto generosamente annaffiato da caraffe di ottimo vino bianco alla mescita che scende giù come i chilometri di pianura. Anche le porzioni sono più che abbondanti.
Soffrirò, morirò, ma intanto sole, vino, vento, baccalà.