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Alla “Tana del Lupo” tra i Monti del Reatino

Partenza
Antrodoco stazione FS
Arrivo
Terni stazione FS
File gpx
Chilometraggio
84 Km
Dislivello in ascesa
1100 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Regione
Fondo stradale
Le mie bici

MOLTE SALITE MOLTO CIBO

Un’escursione dura all’ombra del Terminillo, che ripaga i chilometri di salita con chilogrammi di cibo tipico dell’alta Sabina. La variante 1 è senza dubbio più bella, breve e sicura, ma prevede due trasporti treno all’andata, uno da Roma a Terni e l’altro sul vecchio locomotore a gasolio che ci porta fino ad Antrodoco attraverso scorci panoramici dietro le Cascate delle Marmore, con gallerie e salite insolite per una strada ferrata. Da qui iniziamo la scalata dapprima lenta e inesorabile sulla Salaria Vecchia, che si fa largo a serpentina sopra e sotto la superstrada nuova fino al bivio per Posta.

A Posta inizia la salita vera e propria: un po’ di tornanti e siamo alla Tana del Lupo ad Albaneto, quota 1000 metri s.l.m. Al ritorno possiamo proseguire in direzione Terni per l’Altopiano di Leonessa, tra patate e orizzonti terminillici, per poi lanciarci in discesa sopra il lago di Piediluco fino alla stazione di Terni.

L’itinerario della variante 2 è stato invece studiato in funzione dei collegamenti che ammettono il trasporto bici, della praticabilità delle strade e dei luoghi di interesse lungo il percorso; per questi motivi è stata scelta come partenza Terni, collegata da Roma con vari regionali (per sicurezza abbiamo scelto quello in partenza da Termini alle 7.09, con arrivo alle 8.15, in modo da avere tutto il tempo per essere alla Tana del Lupo all’ora di pranzo e prevedere eventuali contrattempi). Lo svantaggio di questo itinerario è la sua lunghezza che lo rende difficile in certi periodi dell’anno, le forti pendenze prima di Polino e il ritorno sulla Salaria Nuova, che non è proprio bella come strada da fare in bici.

Usciti da Terni, si prende subito la SS209 della Val Nerina, che passa, nell’ordine, accanto agli stabilimenti della Thyssen Krupp, sì, proprio quelli di interminabili e vacui processi, agli studios cinematografici di Benigni (dall’altra parte del Nera sono visibili tracce del set dei film di “Pinocchio”) e del complesso idroelettrico delle Marmore.

Dopo qualche serpentina lungo la statale pianeggiante che condivide il fondo della valle col corso del fiume Nera, alla nostra destra ci appare il getto maestoso delle Cascate delle Marmore. La valle è ombrosa e a tratti minacciosa, la strada suggestiva: il traffico non è molto, ma è bene prestare attenzione, è pur sempre una statale.

Giunti tra campi e fiumi in vista di Arrone, svoltiamo a destra lasciandoci la rocca dell’antico paesino sulla sinistra, per seguire in direzione Polino. Da qui comincia, dapprima lenta e costante, la salita più dura dell’intero tracciato, 9 km per 900m di dislivello. Il paesaggio cambia, i piani si fanno diagonali, si sale di quota, il bosco si fa prominente. La Val Nerina ci lascia a farsi ammirare dall’alto, adagiata su sé stessa e battuta dalle acque delle Marmore.

Nell’ultimo tratto prima di Polino abbiamo i classici tornanti a zigzag, che ci segnalano che il paese è alle porte. Arroccato a quota 950m, l’antico borgo con castello fortificato è un’ottima meta per una sosta, e l’acqua della vecchia fontana di marmo un prezioso luogo di rifornimento borracce.

Ma la salita non è finita: dopo Polino ci sono i chilometri di pendenza più dura, brevi ma intensi. Ancora uno sforzo e si arriva al bivio per Leonessa: siamo ben oltre i mille metri di quota, a sinistra la salita continua in direzione Colle della Croce, ma a noi non interessa. Si prende una strada dissestata a destra che prosegue in pianura e discesa (occhio alle buche enormi e ai brevi tratti di strada bianca, soprattutto per chi si sposta in bici da corsa – è fattibile,  ma prestando attenzione). Il confine tra Umbria e Lazio passa silenziosamente, senza cartelli, e tra mucche al pascolo, cespugli di more e boschi ombrosi ci ritroviamo nell’Altipiano di Leonessa.

Oltrepassate due frazioni, Villa Carmine e Villa Pulcini, ci immettiamo per qualche chilometro sulla SS521, strada a scorrimento piuttosto veloce ma poco trafficata e con un’ampia corsia per le bici, per percorrere un lungo rettilineo pianeggiante fino a Leonessa. Alla rotatoria all’ingresso del paese si prosegue dritti senza entrare, lungo la SS471. La meta è ormai vicina, ma resta ancora qualche chilometro di salita: è meno dura della precedente, ma con 40 km già nelle gambe può rivelarsi un aperitivo per l’appetito che ci si sarebbe volentieri risparmiati. Si sale dai circa 900 metri di Leonessa ai 1050 di Albaneto, paesino di 94 anime (sotto i 200 si parla sempre di anime, e mai di abitanti), come sottolineato dal cartello di ingresso, nel migliore stile western. La domanda che sorge spontanea è se si cancelli l’ultima cifra per cambiarla in caso di nascite o decessi.

Per il ritorno, esistono tre possibilità, ciascusa delle quali preferibile in base al tempo a disposizione, alla stanchezza e alla pesantezza post-pranzo:

a) proseguire lungo la SS471 in direzione Posta, e poi girare a destra sulla Salaria fino a Rieti; abbiamo adottato questa soluzione per risparmiare tempo e per riposarci, dato che la strada fino a Rieti è tutta discesa o pianura. Dopo la violenta e spettacolare discesa per Posta, si prende la SS4 Salaria, che in questo tratto costeggia il corso del fiume Velino e le sue splendide gole. Si passa quindi per il grazioso paese di Antrodoco, noto per essere stato teatro di quella che è considerata la prima battaglia risorgimentale, ma anche per essere sovrastata dal monte Giano, il cui versante è imbrattato da un’enorme scritta “DVX” composta da alberi di pino, residuo di un’Italia che non ha abbastanza vergogna del suo passato. Lungo la strada, che non è la migliore scelta se si vuole pedalare tranquilli (ci sono brevi gallerie, cavalcavia e camion, e occorre prestare attenzione), si incontrano anche le Terme di Cotilia e i paesi di Borgo Velino e Cittaducale, fino a svoltare per Rieti. Da Rieti si può prendere la coincidenza per Terni e rientrare a Roma (attenzione agli orari, di autunno e inverno molte corse vengono cancellate e c’è il rischio di rientrare molto tardi in serata), oppure affidarsi alla gentilezza dei conducenti Cotral caricando la bici nel vano della corriera per Stazione Tiburtina (opzione non certa e dipendente da quanto posto libero c’è).

b) tornare indietro in direzione Leonessa, e da qui seguire la SS521 in direzione Morro Reatino / Rieti. È leggermente più breve dell’altro (42 km), ma ha un inconveniente non trascurabile, le due salite prima e dopo Leonessa: la seconda in particolare risale a quota 1100 per poi riscendere fino a Rieti, e a stomaco pieno può generare più d’una imprecazione.

c) ripetere l’itinerario dell’andata fino a Terni: questa opzione è praticabile se non si teme la violenta discesa dell’andata tra Polino e Leonessa, che magicamente si trasforma in violenta salita al ritorno. Questa scelta offre come vantaggio di trovarsi direttamente a Terni, che è collegata con treni regionali diretti per Roma, ma bisogna calcolare bene i tempi, trattandosi di 50 km a stomaco pieno.

Questa trattoria a conduzione familiare può essere definita un luogo dell’anima. È un posto rustico, meta di raduni di cacciatori, motociclisti e scout, che offre specialità di montagna provenienti dall’altopiano leonessano a prezzi molto contenuti. E porzioni davvero abbondanti, anche se niente affatto dozzinali.

Gli antipasti sono un tripudio di salumi, formaggi, mozzarelle di bufala, bruschette, fagioli, melanzane grigliate, fegato, fiori di zucca fritti e porchetta, il tutto secondo la disponibilità stagionale. La quantità viene servita “a braccio”, il prezzo rimane invariato. Anche i primi sono decisamente impegnativi, da provare gli strengozzi alla pecorara con ricotta e pancetta, i denti di lupo, con pancetta piselli e funghi e le fettuccine al cinghiale. I secondi escludono quasi automaticamente il primo: la grigliata mista è un’opera budspenceriana che ricorda una trapunta. Dolci fatti in casa e amari a volontà, anche di quelli che si trovano soltanto nei paesini di montagna, come la bottiglia di genziana messa in tavola a fine pasto, a discrezione del fegato dei clienti. Unica nota negativa il vino della casa, economico sia nel prezzo che nella qualità. Sono comunque disponibili altri vini di qualità migliore.

Di fronte alla trattoria è possibile vedere il recinto di cervi e daini allevati dal proprietario, o fare una passeggiata per il paese.

Foto