All’Osteria Brikke a Castel Madama, tra la bassa Sabina e l’antica Tibur
ROTTA PER CASA DI TEDDY
Questo itinerario si potrebbe definire totalizzante: coniuga infatti natura, quel tanto di dislivello che basta a far divertire gli amanti delle salite senza però scoraggiare i cialtroni di pianura, luoghi di notevole interesse storico e naturalistico come le cascate di Tivoli e una meta dove l’abbondanza regna sovrana, e non solo quella.
Il paesaggio è variegato, vivace e piacevole: si parte dalle campagne della Bassa Sabina, dalla Stazione di Piana Bella – Montelibretti (ben collegata con le stazioni di Roma Trastevere, Ostiense, Tuscolana e Tiburtina, si suggeriscono gli arrivi alle 8.48 e 9.18 – occhio allo scomodo cavalcavia metallico per attraversare i binari, sostituibile comunque con un più lungo attraversamento asfaltato) per inoltrarsi immediatamente tra i campi aspri e gentili della Strada della Neve, o più prosaicamente SP35, dove l’Ulivo è signore incontrastato. Sullo sfondo, come tante altre volte, la sagoma del Soratte accompagna la nostra lenta ascesa in direzione dei Monti Lucretili.
Si guadagnano 70/80 m nei primi 7 km, con salita appena percettibile, poi all’altezza della rotatoria con la SP23 Strada Ponte delle Tavole si pone la prima scelta: il cartello blu indica Palombara Sabina dritto davanti a noi, ma accanto c’è anche l’indicazione di pendenza al 18%, dunque è decisamente consigliabile girare a sinistra proprio per la stessa SP23; si allunga un po’, ma non si supera il 5% di salita.
5 km di salita graduale e costante, fino ad arrivare a quota 300 m e alla bella strada pedemontana: alla nostra sinistra appaiono le prime cime dei Lucretili, a destra si staglia nella sua minacciosa decadenza fumosa l’Urbe, da questa prospettiva privo del suo fascino storico, e denso di cemento e industrie.
Dopo Palombara Sabina, nel tratto che ci porta a Marcellina la provinciale pedemontana si trasforma in statale, la SS636, ma il traffico fortunatamente rimane sempre rado. Una volta raggiunta la quota, l’altimetria si assesta su falsopiani abbastanza piacevoli, e si attraversano i due graziosi borghi sabini, tra castelli, chiese di mattoni e forme ispide, appoggiati come sono sui tipici “poggi”, colline dai contorni decisi e spicci.
In queste lande in cui il business vincente è quello la cui insegna comincia per “non solo… + nome del prodotto”, i villici armati di trattore restano il miglior gps alimentato a saggezza popolare.
Il tratto tra Marcellina e Tivoli è senza dubbio il più piacevole e panoramico: una breve discesa, una serie di curve sinuose tra monti e boschi (occhio alle buche, che probabilmente gli ultimi fondi per la manutenzione del fondo stradale sono stati stanziati in lire) e ci troviamo su uno stupendo tratto panoramico accanto alla ferrovia. A destra, ancora una volta immenso e implacabile, l’Urbe. A sinistra, i monti. Davanti a noi, vecchi ponti ferroviari in mezzo ai quali la strada si snoda a mo’ di canyon.
E dopo una curva all’improvviso, compaiono Tivoli e le sue Cascate d’Italia: il paese è abbarbicato su un’altura, alle pendici della quale sgorgano le enormi masse d’acqua dell’Aniene, ancora fresche d’Abruzzo: nelle vicinanze sono visitabili Villa Gregoriana e Villa d’Este, e i ruderi romani lungo il percorso non mancano.
L’antica Tibur, meta della via Tiburtina e punto di partenza del suo proseguimento Tiburtina Valeria, che si spinge attraverso gli Appennini e la piana del Fucino fino ad arrivare a Pescara, conserva sempre un suo fascino mistico. Il percorso verso l’Osteria Brikke la attraversa per uscirne lungo la Strada Empolitana SP33/a in direzione A24.
Sebbene Castel Madama meriti senza dubbio una visita, il nostro posto si trova alle pendici del poggio sul quale si trova il paese, molto vicino al casello autostradale, e non è necessario affrontare ulteriori salite. Via Muratella è una delle traverse a sinistra dell’Empolitana, e le indicazioni conducono su una strada privata sterrata.
Un modo alternativo più impegnativo e “frizzante” di arrivare a Castel Madama, coi suoi 800 metri di dislivello, è questo, e prevede la partenza da Tagliacozzo, poco oltre il confine abruzzese, e il superamento del valico di Colli di Montebove, a 1200 m, dopodiché tutta Tiburtina Valeria in leggera discesa. 20 km di salita, 40 di discesa.
Per il ritorno, esistono almeno due soluzioni, a seconda della resistenza alle portate di Teddy:
1) ritorno in treno dalla stazione di Tivoli, a una manciata di chilometri. Le partenze sono molto frequenti, ogni mezz’ora circa, tranne che di domenica, dove c’è un “buco” tra le 15.30 e le 17.30;
2) tutta discesa in bici fino a Roma lungo la via Tiburtina: 40km, nessuna salita, strada non proprio eccezionale per via del traffico ma fattibile, possibilità di sosta a Villa Adriana, tempo e ore di luce permettendo.
OSTERIA BRIKKE (cliccare per il sito)
Non è facile spiegare l’Osteria Brikke. Forse i contenuti del sito, o due chiacchiere col proprietario Teddy, potrebbero aiutare a farsi un’idea, ma il modo migliore è senza dubbio quello di presentarsi in bicicletta una domenica di pioggia e nevischio di inizio febbraio.
Un luogo a metà tra Fort Apache e un centro sociale, dal sapore berbero e appenninico al tempo stesso, dove soltanto un’accolita di #cialtroninbici può trovare posto in maniera adeguata. Superata la palizzata in legno e i mosaici a metà tra il neoclassico e Keith Haring, ci ritroviamo in una dimensione atopica e molto colorata, dove il cibo si vanta di essere mangiato.
Teddy Pujia è un anfitrione come pochi: orecchino da Sandokan e piglio da Santana, ama ingozzare i suoi ospiti con disinvoltura, servendo arrosti insieme a musica dal vivo.
Le portate sono a menu fisso, e prevedono tutto, quindi non c’è bisogno di affannarsi con l’ansia della scelta. Formaggi, affettati, melanzane, bruschette, dei commoventi fagioli con le cotiche, due primi (coda alla vaccinara e gnocchi gorgonzola oppure broccoli e salsicce), salsicce, arrosto, patate, vino in brocche, in quantità tali da lasciare le bottiglie d’acqua semidimenticate. E 25€ per la quantità di vassoi che sfilano sul tavolo, ciascuno immancabilmente salutato da un applauso, sono davvero pochi. Tra di noi anche vegetariani e celiaci riempiti a dovere.
Il gran finale, dopo dolci della casa e caffè, prevede l’arrivo del “dottorino”, ovvero lo stesso Teddy in camice da medico che somministra ai superstiti la grappa, assistito da cameriere/infermiere.
E, come previsto, ancora una volta è finita a tarallucci e vino.