Da Anna&Sandra a Monterotondo
Un’uscita di benessere e di salume facile e appagante, da fare in quel periodo dell’anno in cui dolci le margherite si schiudono dal sonno invernale, e le setole di porco crescono rigogliose sui dorsi dei pasciuti suini. Un percorso senza treno per uscire dall’Urbe, breve e sicuro, verso una mèta nell’immediato fuoriporta delle campagne a nord: Monterotondo.
Monterotondo, città partigiana e avamposto garibaldino, si annida oltre la Riserva della Marcigliana, tra le consolari Salaria e Nomentana: ed è proprio attraverso la Marcigliana che passiamo per superare vivi il Grande Raccordo Anulare, che in questo punto è oltrepassabile con un sottopassaggio – no rampe, no stradoni.
Se partiamo dal centro di Roma, la strada più diretta è senza dubbio la via Nomentana, sulla quale è attualmente in costruzione la famosa corsia ciclabile, sfruttando i controviali laterali fino a piazza Sempione: da qui in poi seguiamo per via della Bufalotta, facendoci largo per il traffico delle rotatorie in uscita verso la zona dei centri commerciali, per un paio di chilometri non esattamente piacevoli ma fattibili in bici. All’altezza dell’incrocio con via di Casal Boccone, la Bufalotta prosegue con una breve salita verso la zona della Cesarina, e il traffico si dirada. Ampi vialoni alberati ci conducono alla Marcigliana fino a via di Tor San Giovanni, dove abbiamo il piacere di pedalare su strade bianche tra colline e campi coltivati fino a poco prima della nostra meta. Percorriamo un tratto del Sentiero Natura “Passeggiata della Biodiversità”, e Roma ci sembra ancora più lontana.
Giusto un paio di discese ripide alle quali fare attenzione, a causa dei fossi scavati dall’acqua piovana, e altrettante rampette, e siamo alle pendici di Monterotondo. Parliamo di poche centinaia di metri, fattibili da chiunque con facilità. La salita per il paese è lunga circa 2km e graduale. Siamo arrivati alla trattoria senza aver percorso neanche 25km, il minimo sindacale per farsi venire un po’ d’appetito. Siamo vergognosamente in passivo nel bilancio km/calorie, specie se decidiamo di tornare in treno dalla vicinissima stazione di Monterotondo Scalo. E per mangiare da Anna&Sandra lo stomaco deve essere allenato.
Stiamo parlando di un posto un po’ particolare: trattasi di una specie di cantina scavata nella roccia con quattro tavoli separati dalla cucina con una tendina lercia e unta, dove due signore digiune di bon ton servono gli astanti, in un’atmosfera ruspante.
Non esiste menu, ci sono due o tre piatti per giornata, recitati con fare sbrigativo da Anna o da Sandra. Roba della tradizione romana, gnocchi fatti a mano, bollito, involtini vino alla mescita. Prezzi ridicoli.
Càpita sovente che un vecchio bifolco venga a riempire la sua damigiana, mentre i vapori del cucinato esalano dal locale cucine, districandosi dalle sinuosità panzose della megera ai fornelli.
Lo loco è familiarmente apostrofato dai locali dalla locuzione “Aho, annamo a magnà da’ ‘a Sgonfia“. L’atmosfera del posto è conviviale, vernacolare, e non è raro che gli avventori si trovino a interagire da un tavolo all’altro. Un po’ così.
Insomma, per chi non fosse convinto, si convinca qua.