Dal Tirino al Gran Sasso
Un tour appagante e liberatorio per bici da corsa, da fare in un weekend di 2 giorni di pedalate, attraverso il cuore ruvido e paffuto dell’Abruzzo. Questi 130 km di salite, vallate e altopiani che ci portano dalla valle del fiume Tirino, nei pressi di Sulmona, fino al punto asfaltato più alto del Centro Italia, Campo Imperatore, possono essere affrontati anche in un giorno, a patto di poter coprire 2660 metri di dislivello in tempi utili, oppure scegliersi un pernotto crapulone dalle parti di Castel del Monte, patria del pecorino stagionato. A voi la scelta, ascesi o gozzoviglio?
Noi abbiamo ovviamente scelto la seconda: i #cialtroninbici hanno ideato questo tour per un weekend di addio al celibato del nostro Manuel, che invece di strip tease e maracaibo ha preferito la piana di Campo Imperatore e i rapporti leggeri, passando due giorni tra rudə maschionə. Ma questa è un’altra storia.
Il nostro percorso, come quasi sempre, inizia e termina con una stazione ferroviaria, in modo da poter essere raggiunta dal trasporto regionale bici+treno, e non dover essere limitati da automobili e percorsi ad anello. Iniziamo quindi dalla stazione di Popoli, non distante dalle sorgenti del fiume Pescara, che sfocia nell’Adriatico passando per l’omonima città.
Da qui percorriamo un paio di km di via Tiburtina per poi buttarci a sinistra e risalire il corso del fiume Tirino, uno dei più limpidi d’Europa: le sue acque spaziano dall’azzurro al verde smeraldo, a deliziare il curioso cicloturista in cerca di frescura. Dopo il primo impatto, fatto di acciaierie dismesse e grandi impianti idrici industriali, le strade tra Bussi sul Tirino e Capo d’Acqua sono un insieme di strade bianche pianeggianti, sicure e immerse nel verde fluviale. Questo percorso coincide tra l’altro con quello del Cammino di San Tommaso già meta di un altro viaggio.
Particolarmente affascinante è la Chiesa di San Pietro ad Oratorium, un complesso romanico del XII secolo a due passi dalle sponde del fiume, fondata dal re longobardo Desiderio. Nelle sue pareti ci sono vari blocchi di pietra inseriti successivamente raffiguranti il quadrato magico già citato anche da Umberto Eco, rotas opera tenet arepo sator.
Dopo una ventina di km di relax, all’altezza di Capestrano l’idillio col Tirino finisce, e dopo aver evitato la SS153 attraverso strade secondarie inizia la prima salita del percorso: parliamo del temibile muro di tornanti per arrivare a Castelvecchio e Calascio, una serie di svolte strette e ripide, quasi intestinali, che ci fanno guadagnare più di 800 metri di quota.
La meta, però, è speciale: parliamo di Rocca Calascio, probabilmente il castello più famoso d’Abruzzo, che col suo profilo iconico è stato scenario di innumerevoli immagini e film, non ultimo Lady Hawke. Per chi non vuole affrontare una ulteriore deviazione in (ripidissima) salita per visitarlo, possiamo proseguire ammirando il castello da lontano, per coprire gli ultimi chilometri della prima tappa che ci separano da Castel del Monte, attraverso un avvallamento che prima cede quota, poi risale verso il borgo. Come Calascio, Castel del Monte merita senz’altro una visita e un pernotto, vuoi per la sua storia centenaria di briganti e transumanza, vuoi per la sua produzione di formaggi di pecora.
Il giorno successivo si ascende verso l’immensità del Gran Sasso. Dopo essere saliti ancora in maniera dolce e graduale verso il valico di Capo di Serre (1600 m), ci si apre dopo una breve serie di tornanti in discesa la sconfinata piana di Campo Imperatore, uno degli altopiani più affascinanti del Centro Italia. Un tempo questa distesa dominata dal complesso dei monti del Gran Sasso e della Laga era un’enorme foresta, che fu poi disboscata in epoca augustea dai Romani a scopo di ottenere pascoli e allevamenti, e non è mai più ricresciuta, andando a creare un unicum naturalistico che ancora oggi viene definito il “piccolo Tibet“. Ci aggiriamo su lievi falsopiani a quota 1500/1600 metri su un nastro d’asfalto solitario che taglia in due degli spazi immensi, a perdita d’occhio. Dopo una quindicina di km di estasi totale, all’altezza del Bivio di Sant’Egidio inizia l’Ascesa verso Campo Imperatore: gli ultimi 7 km sono una punizione divina, una di quelle salite che bisogna fare e basta, prima che l’ossigeno finisca. Altra meta di ristoro molto gradita è il Rifugio lo Zio, dal quale partono i sentieri escursionistici per la cima. Siamo sul punto asfaltato più alto del centro Italia, 2100 metri. Qui tra i monti incontaminati risalta ancora un edificio vetusto e rossastro, il vecchio albergo in cui fu tenuto prigioniero Benito Mussolini prima che i tedeschi lo liberassero per portarlo a Salò. Risalta ancora come un neo, come un incidente di percorso a ricordarci le storie di ieri.
Una volta giunti in cima, non ci resta che goderci la vertiginosa discesa verso l’Aquila, 40 km di vento in faccia e di freni incandescenti, passando per Fonte Cerreto, Assergi e Paganica, attraverso i luoghi del terremoto, fino a incontrare di nuovo la Statale 17 e riprendere il treno (o il bus!) per Terni, e da lì per Roma.