Gran Sasso: la scalata di Campo Imperatore dall’Aquila
So’ sajitu aju Gran Sassu, so’ remastu ammutulitu, me parea che passo passo / se sajesse a j’infinitu!
Il dialetto è la lingua più intima, più immediata e più aderente alla realtà dei posti che descrive. Per descrivere cosa sia il Gran Sasso e la sua sagoma, che impressione faccia scalarlo passu passu e quel senso d’infinitu occorre necessariamente l’abruzzese e tutti quei suoni semivocalici espressi dalla j. Così recita un antico detto ancora esposto all’interno dell’Ostello Lo Zio, rifugio ai piedi degli impianti di risalita in prossimità dei sentieri sassosi che portano alla sua vetta e punto più alto raggiungibile con una bici da strada.
Il senso di maestà generato dalla scalata di Campo Imperatore non ha eguali nell’Appennino, e questo percorso duro e affascinante ne ricalca la catarsi con quei 40 km di salita su quasi 140 totali.
Partiamo da l’Aquila, martoriato capoluogo nel cuore degli Appennini che ha subìto negli anni anche l’umiliazione di essere tagliato fuori dalle rotte ferroviarie dirette con le coste italiane e le maggiori direttrici: per esempio, per raggiungerla da Roma abbiamo due alternative: svegliarsi prestissimo, prendere il treno per Terni e da lì cambiare per l’Aquila, oppure un bus – senza dubbio più veloce e diretta, quest’ultima purtroppo non garantisce la possibilità di caricare bici, a meno che non si tratti di un Flixbus e si abbia prenotato il posto in anticipo.
La città delle Cento Cannelle ci accoglie con tutto il suo fardello di Storia passata e recente, al centro della conca cui dà il nome: un centro storico di cui ancora le gru di una ricostruzione troppo lunga dominano il profilo, mentre tutto attorno aree edilizie improvvisate e container ancora abitati punteggiano la pianura della SS17.