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I valloni simbruini ai piedi del Monte Morbano

Partenza
Arsoli stazione FS
Arrivo
Roviano stazione FS
File gpx
Chilometraggio
57.5 Km
Dislivello in ascesa
1230 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Regione
Le mie bici

Un anello per MTB non distante da Roma, uno dei giri più comodi per andare a sminuzzare la prima neve invernale sotto i copertoni. Le strade di questa traccia restano infatti (più o meno) pedalabili e percorribili anche quando i Monti Simbruini si imbiancano, e sebbene si accumulino più di 1200 metri di dislivello le pendenze non restano mai proibitive, né i sentieri troppo tecnici.

Un percorso ideale per chi è alla ricerca di fresco estivo, del solenne silenzio d’una faggeta o di sporcarsi di fango dopo una stagione di piogge, ma anche per gli aspiranti sciatori nel foliage autunnale. In meno di 60 km, infatti, abbiamo single track pietrosi, ampie strade bianche in quota, discese nel fogliame boscoso e valloni alluvionali. Luoghi incontaminati e rustici, una riserva naturale in minore eppure per nulla inferiore al vicino e più celebre Parco Nazionale d’Abruzzo. Da queste parti sono infatti frequenti cinghiali, grifoni, lupi e cervi – e purtroppo anche cacciatori, visto che l’area non è protetta.

Scendiamo col treno ad Arsoli (anche Carsoli va bene, sono equidistanti, ci sono solo una C e una regione di differenza), pittoresco borgo dominato dal castello Massimo; qualche chilometro su asfalto di Tiburtina e raggiungiamo Pereto, una di quelle località incastonate tra Lazio e Abruzzo che si trovano sul dizionario alla voce “presepe”. Una manciata di case antiche addossate su un’altura, ritmi lenti e vita frugale, e una cornice di monti preponderante.

Usciamo poi rapidamente dalla strada che taglia in due il paese verso sud, e lasciato corso Umberto I ci dirigiamo verso la Fonte Vecchia: da qui partono vari sentieri escursionistici, noi prendiamo il Cinghiale. Le prime centinaia di metri potrebbero dissuadere i pedalatori più abituati a percorsi facili: subito salita: subito portage. Il fondo sassoso e gli ostacoli non sembrano presagire un anello godibile, ma non è così. Se si ha la pazienza di spingere per un centinaio di metri, infatti, si apre un sentiero sterrato pedalabile nel bosco, in leggera salita.

L’aria è rustica e frizzante, attorno latrati di cani da caccia. Ci troviamo pur sempre nella parte più ignorante del Lazio al confine con la parte più ignorante dell’Abruzzo, in un mix di faggi, cinghiali e polvere da sparo in cui la legge è dettata dal Panda 4X4 color verde militare. Continuiamo a guadagnare altimetria, con lentezza ma in maniera accessibile, risalendo il letto del Fosso San Mauro, corso d’acqua a carattere torrentizio. Se facciamo il percorso d’estate, ci troveremo un’arida pietraia, se d’inverno, saremo troppo impegnati a cercare la nostra traiettoria per guardarlo, districandoci tra fango e neve.

Già, la neve. Questo anello è perfetto per pedalare in maniera armonica su fondo nevoso, dato che si sale gradualmente su sterrati non tecnici, e quindi quando ha attaccato non risulta bloccante per restare in sella, ma al tempo stesso possiamo regolarci a seconda della quota alla quale ha imbiancato.
Giungiamo così sul vasto vallone ai piedi del Monte Morbano, un pianoro che si muove tra i 1300 e i 1400 metri di quota, dove i faggi sembrano fare spazio alla via carrareccia, che in questo punto è facilmente percorribile anche da un fuoristrada. L’imponenza dell’Appennino si spande attorno a noi: il silenzio delle nevi pesanti sui rami di faggio d’inverno, l’ombra leggera e densa a riparare dalla calura estiva.

Poco prima del Rifugio Maddalena svoltiamo a sinistra per entrare in un nuovo vallone in falsopiano: la strada ha le stesse caratteristiche, ci troviamo su uno sterrato largo e percorribile in quasi tutte le condizioni. Ma questo stato di grazia, questo pianoro in quota stabile e alta dura poco: è tempo di entrare infatti nella faggeta di Valle Bona, e di lanciarci in discesa per single track a malapena seguibili se non con la traccia gps. Il manto morbido di foglie rosse è buono per strusciare le natiche quando l’equilibrio ci viene meno, e la discesa è davvero divertente e selvatica: l’impressione è davvero quella di saltare come un lupo o un cinghiale, in un tutt’uno con l’immensa volta dei faggi tutto attorno come in una sterminata cattedrale della natura.

Il tratto ripido e selvatico dura una manciata di chilometri appena, ma è davvero intenso; poi muta man mano in un single track sempre molto vivace, che corre attorno a Fosso Fioio con curve veloci e stimolanti, mantenendo un’ottima pedalabilità. Curiosità: in questo punto il fosso è proprio il confine tra le due Regioni.

La traccia arriva a sovrapporsi fisicamente col Fosso Fioio, che è ora una pietraia asciutta (occorre talvolta fare attenzione ai pietroni, che sono grossi e appuntiti!), per poi gradualmente aprirsi di nuovo in un viale carrozzabile e sterrato che ci porta prima nei pressi dell’ex segheria, poi nel bel borgo di Camerata Nuova. L’asfalto è tornato, e con lui una maggiore velocità, che risulta quasi noiosa su questo fondo asciutto e uniforme.

Foto