Il tour della Costa Smeralda, al faro di Capo Ferro
Un giro a forma di cuore, da godersi con bici da strada a ritmo sostenuto, pronti a ubriacarsi dei colori della Costa Smeralda senza per questo cedere nelle sue trappole turistiche. In poco più di 100 km condensiamo incantevoli strade costiere e un entroterra inaspettato, fatto di pietre dalle forme bizzarre e antiche quanto il mondo, e mischiamo saliscendi quasi mai impegnativi pur accumulando un dislivello complessivo non proprio indifferente – 1300 m.
Insomma, un anello ottimo per allenarsi e godersi il rotolìo dei copertoncini su asfalti sempre ben manutenuti, a uso e consumo dei Suv dei velisti della riviera. Per il modo in cui è strutturato l’anello, si può dire che questo itinerario sia una perfetta miscela di momenti in cui tirare e altri in cui rilassarsi, ma che al tempo stesso consenta di mantenere una media scorrevole su strade relativamente sicure – a patto che lo si faccia lontani dalla stagione turistica, quando il tratto tra Olbia e Porto Cervo diventa piuttosto pericoloso a causa del traffico e della carreggiata stretta e ricca di curve cieche. Averlo provato l’ultimo giorno dell’anno ha dato un senso quasi mistico di chiusura, come fosse un ciclo (appunto!) che si chiude.
Per non scadere nella mera tecnica da allenamento sportivo, va ricordato però che ogni percorso deve avere un senso, o un simbolo: altrimenti restiamo su pista e amen. Il nostro in questo caso è un’estremità iconica, uno spillo al vertice d’una sporgenza, un avamposto umano a perpetua guardia e contemplazione del Mare: in una parola, un faro, quello di Capo Ferro. Tracciare un anello con un simile punto di riferimento, di modo tale che di fronte al mare ci si possa finalmente sentire un coglione perché più in là non si poteva conquistare niente, come diceva Vecchioni, dà sempre un senso di completezza alla nostra pedalata.
Iniziamo il nostro giro da Olbia imboccando la SS125, facendo attenzione ai suoi svincoli all’ingresso della città. Alla rotonda per Cugnana svoltiamo a sinistra, per avere immediatamente un po’ di respiro dal traffico veicolare. È in questo tratto che i colori della Costa Smeralda danno il meglio di sé: ci appare sul lato l’Arcipelago della Maddalena, i colori si fanno quasi tropicali per la loro intensità; un continuo saliscendi condisce il tutto, permettendoci di ammirare il panorama da una certa altezza. Alle nostre spalle, le continue curve fanno spuntare Capo Figari e l’isola di Tavolara, per poi nasconderle di nuovo, in un continuo gioco di vedo-non vedo.
Superata Cala Volpe, ci immettiamo sulla SP59 in direzione Porto Cervo, la attraversiamo nei pressi del porto e la superiamo, per arrivare all’estremità nord-est dell’isola: come in un romanzo di Virginia Woolf, il faro si erge solo e bianco sulla bassa macchia mediterranea, apparendo come un moment of being nella nostra continuità fatta di pedivelle rotolanti. Siamo a uno dei due vertici alti del cuore che dobbiamo disegnare.
Ci giriamo verso ovest per passare in rassegna gli incantevoli porti turistici della costa settentrionale: Liscia di Vacca, Poltu Quatu (“porto nascosto”), Baia Sardinia. Da Porto Cervo in poi il traffico è rado e ben gestibile.
Nel lungomare della bella e vivace Cannigione, poi, c’è addirittura una bella corsia ciclabile di recente costruzione, forse velleitario tentativo di riunire i pezzetti di costa gallurese in una ciclovia da San Teodoro a qui.
La manciata di chilometri di costa dopo Cannigione è praticamente al livello dell’acqua, e pedalarci crea un effetto straniante: le onde basse e tranquille di questo mare si muovono a tempo col nostro incedere, a volte quasi sovrastandolo. Questo è anche l’ultimo tratto di pianura prima di un cambiamento netto di paesaggio e strada.
Invece di arrivare a Palau, infatti, pieghiamo verso sud per chiudere il nostro anello, dove un ripido strappo in salita di 3/4 km ci riporta bruscamente alla realtà della Gallura meno blasonata e più autentica, quella a pochi chilometri dal mare. Le formazioni rocciose granitiche si prendono la scena con la loro mole immobile, il verde della macchia avvolge ogni cosa col cisto e il ginepro. Il tratto di strada da Palau ad Arzachena conserva in sé qualcosa di magico e ancestrale, mai toccato dai glitter dei cocktail bar della vicina. E se fino a poco fa il percorso era popolato e attrezzato, bucare una ruota qui esige autosufficienza, perché non si incontra anima viva per almeno 10 km.
Attraversiamo Arzachena con gli occhi ormai gonfi di bellezza, e ciò che ci resta per chiudere l’anello e tornare a Olbia è fatto di strade secondarie con ruderi di viadotti, e strade più anonime fino a ricongiungersi alla rotonda iniziale di Cugnana.