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Il tour della Costiera Amalfitana

Partenza
Napoli centrale stazione FS
Arrivo
Salerno stazione FS
File gpx
Chilometraggio
125 Km
Dislivello in ascesa
2240 Mt
Paesaggio
Regione
Fondo stradale
Le mie bici

Un weekend di Bellezza e di Incanto, due giorni tutto sommato non impegnativi su una delle strade più belle del mondo. Ce la invidiano gli Ammericani quando si spalmano nei suoi resort di lusso, ci veleggia(va)no i Russi coi loro yacht mastodontici, entrambi a cercare un po’ di calore per sciogliere guerre fredde col turismo mediterroneo: eppure la Costiera Amalfitana può essere tranquillamente teatro di un viaggio senza pretese a cinque stelle, con l’onestà dei pedali e del sudore.

Due giorni pedalabili in scioltezza anche venendo da Roma, dato che i collegamenti con Napoli sono anche su regionale dove le bici sono ammesse o quantomeno tollerate, e tornando da Salerno, dalla quale partono Intercity con carrozza bici a prenotazione (consigliabile da fare in anticipo, che i posti sono 6 a treno!). Si parte il sabato mattina e si ritorna la domenica sera, a patto che si rispettino due requisiti, l’uno necessario, l’altro fortemente consigliato:

  • coprire 125 km in due tappe, poco più di 60 al giorno in media (noi abbiamo spezzato in 75 + 50 per esigenze di pernotto), per un totale di 2240 metri di dislivello in ascesa complessivo;
  • fare questo itinerario fuori stagione, preferibilmente di inverno o a inizio primavera, dato che la Costiera offre un’unica strada schiacciata tra il mare e le pareti rocciose dei Monti Lattari, e specialmente di estate si popola di bus turistici, auto e scooter che rendono la pedalata pericolosa e insopportabile. A marzo è stato tutto molto piacevole, tranne un po’ di traffico all’ingresso di Amalfi.

L’uscita da Napoli è sempre un’esperienza sensoriale: un paesaggio fatto di lastroni lavici scomposti, edifici in grado di mischiare il Bello e il Brutto e di fonderli assieme, al punto che siamo in grado di trovare il Bello nel Brutto e viceversa, e che tutto il Creato trascende le categorie di gusto e di kitsch in una sorta di lasciapassare umidiccio in cui le regole le scrive solo Napoli stessa. Dalla stazione centrale, scegliamo di evitare il trafficato lungomare di via Reggia di Portici e le sue rampe autostradali, per rimanere all’interno fino a San Giovanni a Teduccio: da qui in poi seguire la traccia è cosa semplice, basta tenere a mente che a destra c’è sempre il mare.

Usciamo verso sud per la Napoli più verace, tra colonne romane sepolte da ceneri antiche e reti di pescatori ad asciugare al sole: volti scavati e panze piene salutano il nostro passaggio mentre t-shirt logore ed esauste si arrendono alle prominenze partenopee. Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata: Plinio il Vecchio e Gomorra diventano un’unica narrazione. La mole del Vesuvio, iconica al limite dell’inflazionato, fa da contorno a questo primo segmento di tragitto, mentre il sole bacia le banchine dei porticcioli e le onde. Fino a Castellamare di Stabia non c’è soluzione di continuità tra un agglomerato urbano e il successivo, e Napoli si trasfigura in un’unica, lunghissima striscia costiera fatta di allegra desolazione, mostri edilizi e un perenne senso di serena precarietà fatta di pareti scrostate, lamiere buttate nei cespugli e ragazzini in monopattino o motoretta.

Poi, all’improvviso, tutto cambia. Iniziano i primi dislivelli, e la sagoma della penisola sorrentina inizia a rubare la scena al golfo rendendo strada e orizzonte più spezzati e nervosi. Sulla destra compare un muricciolo basso a separare il nostro corso dallo strapiombo, e tutto si verticalizza. Vico Forense, Piano di Sorrento, Massa Lubrense: mentre i tornanti si fanno più fitti, iniziamo a incontrare le incantevoli balconate panoramiche che contraddistinguono i paesi che osano sporgersi verso il blu, protesi ad ammirare Capri. Da queste parti, l’ulivo e il limone sono gli unici arbusti in grado di sfidare le pendenze e il sole perenne.

Cambiato versante della penisola, non sono infrequenti cambi improvvisi di vento e di temperatura, specialmente quando la strada si allontana un poco dal mare all’altezza di Santa Maria della Neve e di Sant’Agata dei due Golfi, dove si guadagna anche una certa quota. Antiche ville nobiliari si addossano alla parete di montagna che stringe la strada in una morsa assieme al Tirreno.

Dopo la frazione di Colli di San Pietro, siamo costretti a ridefinire a rialzo il nostro concetto di bellezza, dato che finora la strada era stata solamente splendida. La serpentina che porta a Positano e poi a Praiano sfida la gravità e il creato intero, piena di com’è di orizzonti azzurri e in continua evoluzione. Vertigini, commozione. La strada in questo tratto è in continua evoluzione altimetrica, mischia rampette insidiose a lunghi tratti di tornanti in discesa, e la sfida più grande è quella di non finire giù nello strapiombo mentre si ammirano le scogliere tra le curve strette e improvvise. Tra tutte, quelle che circondano il Fiordo di Furore, quasi abbracciandolo con un ponte che oltrepassa le sue acque azzurre.

Ancora qualche chilometro, e dei brevi tunnel in cui si condensa del traffico più lento annunciano l’ingresso ad Amalfi. La perla delle località della Costiera è a buon diritto preda del turismo straniero di massa: difficile restare impassibili di fronte ai suoi vicoli che traboccano colore. A proposito di cromopatia: questo luogo è pervaso da una palette di gialli e azzurri accesi, vivaci e profondi: il giallo dei limoni e delle ginestre, ripreso dalle cupole delle sue chiede, l’azzurro del mare e delle maioliche celebri in tutto il mondo. Una palette che si stampa nella retina, chilometro dopo chilometro. E la Cattedrale di Sant’Andrea è la summa perfetta di tutto ciò: un’esplosione visiva resa ancor più imponente dall’alta scalinata che sovrasta, frutto di impianti e ricostruzioni che ne hanno cambiato l’aspetto dal IX secolo a oggi. In pratica un trattato di storia dell’arte che va dal romanico al barocco, strato dopo strato.

Atrani, Minori e Maiori: la nostra sinfonia al profumo di limone prosegue, mai paga di nuovi scorci. Vale la pena fermarsi a uno dei numerosi chioschi mobili, fermi là dove le dimensioni della strada lo consentono, per comprare dei limoni contrattando sul prezzo. Dopo Maiori il dislivello si rende più fastidioso, guadagnando circa 200 metri dalla quota del mare, alla quale ci eravamo avvicinati già da Amalfi.

A proposito di dislivello: le strade che dalla costiera risalgono verso l’interno non sono molte. Nel caso in cui si volesse interrompere il tragitto prima di Salerno, però, in tutti i casi ci attendono i ripidi tornanti dei Monti Lattari. Per chi volesse aggiungere salita e allontanarsi dal mare, comunque, la strada più scenica è quella che da Amalfi sale verso Ravello e il valico di Chiunzi, a patto di sopportare pendenze a due cifre.

Ma noi proseguiamo il nostro percorso per Cetara e Vietri sul Mare: la Costiera inizia a cedere il passo, e già compaiono le forme invadenti degli edifici del porto di Salerno, dove chiudiamo il nostro giro con una visita alla Stazione Marittima di Zaha Hadid, perla dell’architettura moderna. L’attesa del treno di ritorno può essere occupata con un tour a base di pizze fritte, babà e altre cose leggere e salutiste.

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