Il tour dell’Argentario (gravel / MTB)
70 km di estasi pura. Il Tirreno in una delle sue vesti più affascinanti, e un percorso gravel che pare tuffarcisi dentro, ricalcando meticolosamente i contorni frastagliati del promontorio dell’Argentario. Seguire ogni curva di questa penisola bagnata dal sole e dall’azzurro in ogni sua evoluzione verticale dà un senso di ebbrezza quasi destabilizzante, e i 1250 metri di dislivello positivo che ci attendono non pesano neanche tanto di fronte alla bellezza paesaggistica che ci attende.
Iniziamo il nostro percorso dalla stazione di Orbetello, meta balneare a ridosso della spiaggia della Feniglia, dove il cicloturismo gode di grande considerazione: una tranquilla quanto spettacolare pista ciclabile ci conduce infatti all’interno dell’iconica laguna, sfruttando il braccio di terra che separa i due grandi stagni d’acqua salata. Pianeggiante e in sede separata, l’itinerario per biciclette è adatto a tutti e fa parte anche di un altro percorso in versione facile. Pedalando tra due distese d’acqua mansueta e tranquilla, dove non è raro avvistare fenicotteri a seconda della stagione migratoria, entriamo in un’altra dimensione, ovattata e azzurra.
A metà della ciclabile si attraversa il borgo vecchio di Orbetello, noto per la pesca di anguille, incastonato tra la laguna di levante e quella di ponente. Questi primi 6 km sono da affrontare con passo rilassato, come una passeggiata rilassante, utile a riscaldarsi in vista dei saliscendi successivi.
Giunti ai piedi del Monte Argentario, che tra l’altro è costellato di sentieri MTB più o meno tecnici, giriamo a destra in cerca del periplo della costa, in direzione di Porto Santo Stefano: ci ritroviamo nella parte “ombrosa” dell’Argentario, quella più fresca e discreta, in attesa dell’esplosione panoramica dei chilometri successivi. Passato il vivace centro velistico dal sapore un po’ chic, inizia la salita, prima con uno strappetto breve e ripido, poi più costante e inesorabile: dal livello del mare guadagniamo più di 400 metri, seguendo il verso del promontorio come una matita ostinata a tenere il segno di una sagoma increspata. Prima verso nord, sopra Punta Madonnella, Punta Lividona e La Riccia, poi in un crescendo di imprecazioni ed esclamazioni di sudore. Sotto di noi sfilano calette, scogliere e grotte, e mentre seguiamo la costa in direzione sud appare alla nostra destra l’Isola del Giglio e l’Isola Argentarola – e nei giorni limpidi, la Corsica.
La magia continua chilometro dopo chilometro, quasi a farsi largo tra la trivialità di un toponimo toscano e la leggerezza sospesa del paesaggio. Mischiamo infatti cartelli come Poggio Scorpacciate o il colle Spaccabellezze con le ventose linee blu del Tirreno, che nelle giornate limpide di sole danno davvero il meglio di sé. La traccia descritta comprende una breve deviazione su sterrato sassoso per guadagnare quota e panorama, ma il percorso può benissimo rimanere tutto su asfalto ed essere fatto con una bici da corsa rimanendo sulla strada comunale – si consiglia una gravel se non altro per l’approccio cicloturistico e per le possibili pendenze ripide e improvvise di alcuni tratti.
Passiamo infine la famelica spiaggia “Le Scorpacciate” e Poggio Bocca d’Inferno, e ci inerpichiamo fino alle pendici dell’imponente Forte Filippo, costruzione militare spagnola che domina il borgo vecchio di Porto Ercole. Si sale sì, ma il punto più alto del tracciato è già passato: qualche saliscendi minore e arriviamo a Porto Ercole, centro balneare elegante e frequentato da velisti. L’unico posto spartano in cui fermarsi per un trancio di pizza al taglio e una Peroni ghiacciata è la pizzeria “Lo squalo Charlie“, il cui logo retrò è supportato dalla fiera ostentazione di una storia che perdura dal 1992.
A questo punto ci imbattiamo di nuovo nella pista ciclabile che ci porta di nuovo alla laguna, e ci possiamo scegliere se chiudere l’anello alla stazione di partenza, a Orbetello, o prolungare verso sud con gli sterrati paludosi della Feniglia. In questo secondo caso, che è senza dubbio più vario e affascinante, attraversiamo la Riserva costiera tra pinete lussureggianti e strade bianche fino ad attraversare Ansedonia, e di lì per strade complanari oltrepassiamo il lago di Burano fino alla stazione successiva, quella di Capalbio. Va da sé che praticamente ogni posto del percorso è ottimo per fermarsi a fare un tuffo.