Il Valico dei Colli di Montebove e la sagra della braciola a Camerata Nuova
I SIMBRUINI, LA FATICA E LA BRACIOLA
A parte le scarse ore di luce, l’inverno è una delle migliori stagioni per pedalare. Diciamo che rientra tra le prime quattro. Poi quando la giornata è bella, frizzante e limpida, l’unica è purificarsi con un valico appenninico in vista di un pranzo casareccio fuori porta.
Questo itinerario è stato scelto per coniugare un evento annuale ricorrente il 17 gennaio, la Sagra della Braciola di Camerata Nuova, con una strada che sta lì tutto l’anno – a parte in caso di copiose nevicate – il Valico di Colli di Montebove sul percorso della antica Via Tiburtina Valeria, ripercorrendo a ritroso una consolare romana che dall’Urbe scavallava le montagne abruzzesi fino alle sponde adriatiche.
Bisogna innanzitutto sfatare due miti: la supposta e superficiale trivalità dell’evento e i tristi richiami filofascisti del toponimo di Camerata. Questi ultimi in particolare non hanno alcun fondamento, dato che in passato al paese fu attribuito il nome di Pio Camerata per esprimere gratitudine verso Pio IX, che diede un forte contributo economico per la costruzione del paese. Il termine Camerata inoltre deriva dal latino casa, con il significato di “fatta a volta”, mentre la specifica “nuova” si riferisce alla ricostruzione dell’abitato dopo l’incendio che distrusse il precedente insediamento (Camerata Vecchia). Quanto alla sagra, non si tratta soltanto di uno dei tanti eventi enogastronomici della Provincia, ma di un rito ancestrale e primitivo della cultura contadina, quello della benedizione degli animali in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, tra le altre cose patrono degli animali domestici. Secondo la leggenda, nella notte del 17 gennaio agli animali è data la facoltà di parlare: dato che era considerato segno di cattivo auspicio, anticamente i contadini si tenevano dalle stalle proprio per evitare di sentirli.
In effetti le braciole della sagra erano così bbone che pareva parlassero, ma torniamo al percorso.
La stazione più adatta alla partenza è quella di Tagliacozzo, per affrontare il corso della Tiburtina in direzione Roma e il grosso della salita a inizio pedalata. Usciti dalla stazione, svoltiamo a destra nel corso principale del paese, che guarda caso si chiama via Roma. Al primo bivio proseguiamo per via Roma a sinistra, dove ci accoglie l’inizio della scalata.
Alla nostra destra compare il massiccio del Velino, candido di neve o brullo di roccia a seconda della stagione, e sotto la ferrovia e l’autostrada che di lì a poco strariperanno nella piana del Fucino. A sinistra, pendenze prima docili, poi diagonali. Per gli amanti della salita si tratta di una strada davvero ghiotta, una macchina ogni mezz’ora e tanti tornanti immersi in un bosco monumentale. Dopo una decina di km di ascesa dai 700 ai 1250 m di quota, incontriamo il massiccio rosso mattone della casa cantoniera che sorge nei pressi del Valico di Colli di Montebove, una sella appenninica battuta dal vento tra Lazio e Abruzzo. Non sono i 1410 m di Passo del Diavolo, ma il rischio ghiaccio d’inverno c’è.
Da qui in poi inizia la discesa, più violenta ancora della salita, ricca di curve divertenti e paesaggi che non è possibile apprezzare appieno per l’attenzione che la strada richiede. Nei 15 km si perde rapidamente quota, il paesino di Montebove è un episodio fugace di quattro casette in croce, solo a Carsoli si possono rilassare le mani ormai incollate alle leve dei freni.
Da qui alla stazione ferroviaria di Oricola/Pereto esiste una timida corsia ciclabile per evitare un po’ il traffico della Tiburtina, che in questo tratto è lievemente più intenso. Giunti all’altezza della rotatoria per Immagine / Rocca di Botte, occorre girare a sinistra allontandosi dal corso della SS5 e dell’autostrada, per imboccare un lungo rettilineo aperto e ventoso. Davanti a noi, Pereto e i monti Simbruini già affrontati in MTB per i sentieri in quota.
Qualche saliscendi apparentemente non impegnativo potrebbe causare qualche fastidio finale in dirittura d’arrivo, specie alla luce della fame crescente e del fumo di brace che scende dal centro del paese. Ma per ogni problema a poche centinaia di metri sopra la strada c’è il Santuario di Santa Maria dei Bisognosi.
Camerata Nuova è un paese non particolarmente appariscente, ha il suo fascino nell’essere essenziale e verace. La sagra è alla buona, sincera, un’unica piazza squadrata dove può capitare di vedere infermieri del servizio ambulanze in divisa arancione ballare con (tutti i 451) paesani alla musica di un karaoke dove viene malamente reinterpretato Baglioni. E come in ogni paese in cui i residenti si contano in anime e non in abitanti, le donne anziane non si vergognano di fare le ragazzine né quelle giovani di apparire vecchie – il che accresce ulteriormente il suo fascino.
Il ritorno è strutturato in modo da avere solo discesa e pianura fino alla stazione di ritorno. Esistono due soluzioni a portata di mano, Oricola/Pereto e Carsoli, ma quest’ultima è consigliabile, dato qui fermano più treni in direzione Roma.