La ciclovia del Nera e le cascate delle Marmore
Un percorso gravel rilassante e bellissimo nel cuore verde dell’Umbria, relativamente breve, sicuro e con dislivelli contenuti. La ciclovia del Nera è uno dei tanti percorsi cicloturistici di una Regione molto attenta ai viaggiatori a pedali, che fa parte di un sistema ormai ramificato e collegato alle più note Spoleto/Assisi e Spoleto/Norcia.
Tutto l’itinerario è ben segnalato con cartelli e ben comunicato anche sul sito, ragioni queste che lo rendono accessibile e abbastanza frequentato da cicloturisti quasi tutto l’anno. Per unire in poco più di 50 km tre punti di interesse stupendi, la vecchia ferrovia Spoleto/Norcia, il parco fluviale del Nera e le celeberrime Cascate delle Marmore questo itinerario disegna un giro a forma di C, con partenza dalla stazione ferroviaria di Spoleto e arrivo a quella di Terni, entrambe collegate dal trasporto regionale della linea Roma/Perugia.
La prima parte dell’itinerario, lunga circa 17 km, sfrutta il tratto più spettacolare della Spoleto/Norcia, quello delle gallerie elicoidali e dei tunnel ferroviari che rimangono sempre aperti – ma di questo parliamo meglio qui. È fondamentale munirsi di buone luci anteriori, dato che alcuni di questi trafori sono lunghi fino a 2 km e completamente al buio, come la Galleria di Valico Caprareccia. Dopo questo lungo rettilineo scavato nella roccia nuda, inizia il quadro di Escher di prospettive incredibili: per superare i dislivelli delle montagne mantenendo le pendenze massime supportate dalla ferrovia, la Spoleto/Norcia si sviluppa in volute sotterranee in cui il percorso passa sopra o sotto sé stesso, con viadotti ad arcate e tunnel circolari. Dopo Valico Caprareccia la salita, che era stata sempre leggera e graduale, cede il passo a un vertiginoso ottovolante in cui buio e luce si mischiano al verde brillante dei boschi umbri.
Passiamo così le gallerie Grotti, Tassinare e Vallegiana, e Lasciamo la vecchia ferrovia all’altezza di Sant’Anatolia di Narco, grazioso paesino medievale, dove un cartello di avverte della chiusura della Galleria San Martino deviando per una brusca discesa sassosa. A una sorta di crocevia incontriamo la vecchia stazione ferroviaria, oggi convertita in ristoro e velostazione.
Da qui, dopo un paio di leggeri tornanti che ci portano al borgo antico, costeggiamo il Nera per strade secondarie, a volte sterrate, a volte asfaltate: il paesaggio è fiabesco e sfodera inaspettati ruderi di torri medievali così come costoni di roccia verticale. Il percorso continua a essere segnalato con meticolosità, e una serie di frequenti cartelli “Greenway del Nera” verdi e azzurri fuga ogni dubbio sui pochi bivi, con distanza e prossime mete. In questa parte di percorso, peraltro, la ciclovia coincide con la Via di Francesco, il Cammino del poverello di Assisi fino a Roma, che è caratterizzata da segnali gialli e azzurri. Scorrono così frazioni annegate dal verde verace, Scheggino, Precetto, Valleponte, Ferentillo: in questa parte di percorso la strada diverte con brevi saliscendi in cui la gravel trova la sua massima espressione. Uno sterrato poco impegnativo, che tiene la gamba allenata sulle salitelle sconnesse e il morale alto sulle serpentine in discesa, mentre ai nostri lati si dipanano profili da Signore degli Anelli.
Alla nostra sinistra scorrono le acque tranquille del Nera, e dall’altra sponda del fiume la strada regionale 209 Valnerina, utile per chi volesse accelerare il passo su asfalto a patto di condividerlo con le automobili (dopo Sant’Anatolia ci sono tre o quattro ponti per attraversare il Nera).
Arrivati ad Arrone abbiamo 40 km nelle gambe, e già molta bellezza negli occhi. Ci troviamo in un affascinante borgo medievale, utilizzato come location in film storici come “L’Armata Brancalone” di Monicelli (per la precisione, la scena iniziale del torneo), e il paese merita senz’altro una sosta. Subito dopo troviamo la bella frazione di Casteldilago, dove il paesaggio subisce ancora un cambiamento: ai vivaci saliscendi del tratto tra Sant’Anatolia e Arrone subentra una pianura più tranquilla, mentre davanti a noi compaiono le ripide e alte gole delle Marmore. L’aria si addensa di umido, e una nube biancastra di vapori acquei salgono dalla base delle cascate ancora nascosta.
Descrivere le Cascate delle Marmore è praticamente impossibile se si conoscono i versi di Byron nel suo Childe Harold’s Pilgrimage:
CHILDE HAROLD’S PILGRIMAGE IV canto
LXIX
Rimbombo di acque! Dalla scoscesa altura il Velino
fende il baratro consunto dai flutti. Caduta di acque!
Veloce come la luce, la lampeggiante massa
spumeggia, scuotendo l’abisso. Inferno di acque! là
dove queste urlano e sibilano e ribollono nell’eterna
tortura; mentre il sudore della loro immane agonia,
spremuto da questo loro Flegetonte, abbraccia
le nere rocce che circondano l’abisso,
disposte con dispietato orrore,
LXIX
e sale in spuma verso il cielo, per ricaderne in un
incessante scroscio, che, con la sua inesausta nube
di mite pioggia, reca un eterno aprile al terreno
attorno, rendendolo tutto uno smeraldo: – quanto
profondo è l’abisso! E come di roccia in roccia
il gigantesco Elemento balza con delirante salto,
abbattendo le rupi che, consunte e squarciate
dai suoi feroci passi, concedono in abissi
uno spaventoso sfogo
LXXI
alla poderosa colonna d’acqua che continua a fluire
e sembra piuttosto la sorgente di un giovane mare,
divelto dal grembo di montagne dalle doglie
di un nuovo mondo, che non soltanto la fonte di fiumi
che scorrono fluenti in numerosi meandri attraverso
la valle! Volgiti indietro! Vedi, dove esso si avanza
simile ad una Eternità, quasi che dovesse spazzar via
tutto ciò che trova sul suo cammino, affascinando
l’occhio col Terrore – impareggiabile cateratta,
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orribilmente bella! ma sul margine, da una parte
all’altra, sotto lo scintillante mattino, posa un’iride
tra gli infernali gorghi, simile alla Speranza presso
un letto di morte, e, inconsunta nelle sue fisse tinte,
mentre tutto là attorno è dilaniato dalle acque
infuriate, innalza serenamente i suoi fulgidi colori
con tutti i loro raggi intatti, e sembra, tra l’orrore
della scena, l’Amore che sorveglia la Follia
con immutabile aspetto.
Per raggiungere Terni e la stazione ferroviaria del nostro ritorno, però, ci attende ancora un piccolo sforzo per una manciata di chilometri, ma soprattutto un ostacolo che non tutti potrebbero voler affrontare: il sito delle cascate è accessibile solo con biglietto di ingresso, e l’area della passeggiata a pagamento esclude qualsiasi altro passaggio verso Terni che non sia quello di un tunnel stretto e poco illuminato lungo la statale Valnerina. Nonostante la galleria sia breve, circa 150 metri, chi volesse evitarla ha altri due modi: deviare dalla traccia verso Piediluco all’altezza di Arrone (ma bisogna considerare altro dislivello), oppure mercanteggiare il transito a piedi oltre la prima biglietteria, per poi uscire subito dopo la galleria. Di solito con qualche accesa discussione e una certa arte di convincimento funziona.