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La costa ovest sarda da Alghero a Bosa

Partenza
Sassari stazione FS
Arrivo
Macomer stazione FS
File gpx
Chilometraggio
126 Km
Dislivello in ascesa
1980 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Regione
Fondo stradale
Le mie bici

Un percorso impegnativo e stupendo da riempirsene gli occhi, che si abbevera d’immenso lungo una delle strade panoramiche più belle d’Europa: la Bosa-Alghero. Da fare con bici da corsa, leggeri e scorrevoli, ché i continui dislivelli della costa ovest sarda non perdonano e sanno come fiaccare chi mette un chilo in più nelle borse.

Per fare il tragitto in una sola giornata venendo dalla costa est, è indispensabile servirsi del treno – e fare attenzione a quali convogli ammettono il trasporto bici in Sardegna, i capotreno non sono sempre elastici! Molti dei 126 km di percorso assumono quindi il valore di avvicinamento e allontanamento da quanto si voleva effettivamente pedalare.

Per questo motivo la nostra traccia parte dalla stazione FS di Sassari e finisce a quella di Macomer, dopo essersi spinta oltre la sicurezza della Strada Ferrata, del Progresso e della Modernità. Un salto nel buio nel far west dell’isola, che si concede alle impietose pendenze che separano la spianata interna dove corre la ferrovia dagli scoscesi litorali catalani. Un percorso che segue un’ampia C per motivi meramente logistici, quello di avventurarsi in una parabola marina partendo dall’appoggio dell’unica linea ferroviaria che taglia la Sardegna.

Usciamo dalla bella e tormentata Sassari per uliveti, per poi puntare in velocità su ampi viali rettilinei verso Olmedo. Interminabili filari di eucalipti ci proteggono dal vento e dal sole, mentre divoriamo i primi 30 km in una scorrevole, impercettibile discesa. Passiamo dalle parti delle tenute Sella&Mosca, dove viene prodotto il bianco di queste zone.

Poi, all’improvviso, l’Alguer: la roccaforte catalana d’Italia, l’enclave spagnola di Sardegna, il Barri Gotic coi bastioni. Alghero è semplicemente un unicum nel suo genere, capace di vantare un bilinguismo nel bilinguismo, una minoranza nella minoranza, parandosi dal vento forte coi suoi bastioni che custodiscono il tramonto più bello del mondo, quando il sole si annega lento dietro Capocaccia. La attraversiamo con calma, per goderci un po’ di passo da villeggiante attraverso i suoi vicoletti (carrer, disculpeu-me) e le sue cupole colorate.

E se Alghero ci ha già inondato di bellezza, i quasi 50 km di costa fino a Bosa sono uno spettacolo che sorprende in un crescendo insaziabile. La SP49 costiera offre infatti dei panorami mozzafiato, un blu che colma l’animo e sazia i polmoni: un’interminabile serpentina con pareti rocciose da una parte, e scogliere a picco dall’altra, fatta di curve scoscese che nascondono calette e insenature di granito e alabastro, saliscendi improvvisi e imprevedibili, ventate veraci e rapaci. A proposito di vento: gli elementi qui sono particolarmente vivi e intensi, e percorrere questa strada col vento contro può rivelarsi una mossa penitente. I continui tornanti, tuttavia, amano fiaccare e rinvigorire se le raffiche vengono in diagonale, offrendo al ciclista ora sostegno, ora frenandolo nel più bieco dei modi.

Anche il sole può essere un nemico temibile: questo tratto di strada non conosce ombra, e le temperature possono rivelarsi infauste specie nei mesi estivi. Inoltre, l’altro elemento, l’acqua, scarseggia nella sua forma priva di sale, e solo una fonte salvifica offre ristoro agli assetati da borraccia vuota, all’incirca a metà del percorso.

Il traffico è quasi sempre accettabile e scarso, le terrazze panoramiche dove ammirare la costa ovest abbondanti! In molti punti è anche possibile prendere dei sentieri che scendono al mare, per godere di uno dei mari più belli del Mediterraneo. Una delle stagioni in cui godere appieno di questa strada è senz’altro la primavera, quando il clima è ancora mite e le ginestre sfoderano il meglio dei loro abiti gialli.

Bosa è una cittadina atipica della Sardegna: a dire il vero, in un’isola in cui la Natura è prorompente e selvaggia e i centri abitati quasi uno svogliato compendio per le attività umane, si tratta di una delle poche città-città, col proprio folklore, la propria cifra stilistica e urbanistica, i propri vicoli fatti di muri colorati e il proprio castello. Sorge nel primo punto in cui le scogliere lasciano scampo alla costa, alla foce del fiume Temo. Un tempo noto centro industriale noto per le sue conce, Bosa è una delle poche città a vantare un centro medievale e si caratterizza per i vivaci colori pastello delle sue case, addossate l’una all’altra sul ciglio della collina occupata dal suo centro storico.

Il suo golfo battuto dal vento è senz’altro un ottimo posto in cui recuperare le energie, perché di lì a poco iniziano dei dislivelli implacabili, sia per pendenza che per altimetria guadagnata: nonostante si rimanga tutto sommato vicini alla costa, l’ascesa per Modolo prima, Magomadas e Tresnuraghes poi non perdona. Costeggiamo qui i binari di una vecchia ferrovia dismessa tra continui saliscendi, fino a Sennariolo. Il paesaggio si fa più desolato, è tempo di recuperare il percorso dell’ (unica) ferrovia deviando verso l’interno.

Macomer non è lontana, ma per arrivarci dobbiamo ancora salire: lo facciamo per una di quelle strade che percorrono soltanto i residenti, con una macchina ogni quarto d’ora a domandarsi che ci faccia quel tizio a pedalare proprio lì, si sarà perso, sarà masochista? Dopo Scano di Montiferro, la salita procede graduale e costante verso un’oasi d’ombra, l’incantevole e inaspettato Bosco di Monte Sant’Antonio: un rilievo di origine vulcanica cosparso di sugherete ci porta infatti in un’altra dimensione, quasi montana, e tra chiese romaniche e siti nuragici giungiamo nella spianata di Macomer per il ritorno in treno.

Foto