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La Gallura in bici da strada, tra Priatu, Calangianus e Telti

Partenza
Olbia, Pittulongu
Arrivo
Olbia, Pittulongu
File gpx
Chilometraggio
82.7 Km
Dislivello in ascesa
1170 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Regione
Fondo stradale
Le mie bici

Un anello per bici da corsa di rara bellezza, che racchiude nei suoi 80 km un’enorme varietà paesaggistica e stradale. La Gallura dà il meglio di sé nella sua parte interna, là dove si mischiano pietre millenarie a colline dalle forme ispide, in un tripudio di colori e odori che affollano strade deserte e abbandonate.

Il nostro giro parte da Olbia, dalla quale usciamo prendendo corso Vittorio Veneto: questa è infatti la strada più sicura per abbandonare il centro abitato, dato che si tratta di una strada urbana che esce in maniera gentile dalla città, senza grandi svincoli o strade a grande scorrimento. L’andamento assume la forma di una salita graduale, in rettilineo, piuttosto noiosa per i primissimi chilometri: arrivati al bivio per Telti, però, tutto cambia.

Svoltiamo a destra in direzione Priatu: le forme frastagliate dei monti galluresi si pongono dinanzi ai nostri occhi, la strada si fa tortuosa, il traffico diminuisce drasticamente. I colori di queste colline sono unici e irripetibili, specie con la luce del primo mattino o del tramonto, quando le rocce si accendono di colori caldi e densi, facendo risaltare per contrasto il verde della macchia mediterranea. Ci troviamo ora sulla SP38, ai piedi del Monte Pino, uno dei maggiori rilievi della zona (738 m), e meta favorita dei mountain biker della zona. La salita è stata costante ma graduale fino ad ora, e prima di Priatu possiamo rilassarci con una volata in una discesa che dischiude all’improvviso una nuova vallata: entrarci è come voltare pagina e passare a un’altra dimensione, una realtà rurale e primitiva che ricorda certi film western.

Priatu è un minuscolo borgo atipico per l’urbanistica sarda: una manciata di case addossate al costone di un’altura, viuzze lastricate in pietra bianca. Tutto attorno, fattori e poderi. Lasciamo la SP38 poco dopo l’uscita dal paese, svoltando a sinistra in una strada secondaria. E qui inizia la parte davvero bella del percorso (come se il resto non fosse stupendo). Tra pascoli di bovini e contorni aguzzi dei monti, iniziamo una ripida salita in direzione di Calangianus. Cave di pietra abbandonate e forme calcaree levigate dal lavoro millenario del vento incorniciano un paesaggio preistorico, surreale. La pendenza in alcuni punti arriva al 17% ed è quasi obbligatorio montare in piedi sui pedali: è uno strappo intenso, ma breve. Superato lo scollinamento, ci troviamo 8 km di strada quasi totalmente priva di traffico in falsopiano, che assume a tratti la forma di un canyon, fino all’ingresso a Calangianus, città del sughero. Da qui partono percorsi sterrati come la vecchia ferrovia Monti/Calangianus, il cui corso incrociamo un paio di volte tornando indietro verso Telti.

Calangianus è praticamente l’unico centro abitato con un po’ di servizi lungo il percorso, per cui è opportuno munirsi di tutto il necessario, tra acqua, cibo e attrezzatura. Ne usciamo in maniera spettacolare e scenografica, accompagnati dalla sagoma del massiccio montuoso del Limbara, prima in falsopiano, poi in discesa via via crescente. Pochi chilometri dopo l’uscita dal paese troviamo la Conca Fraicata, la “roccia costruita”, una delle tante formazioni granitiche che assumono forme bizzarre per processi chimici e geologici. Utilizzata in epoca preistorica come riparo o luogo di sepoltura, è oggi una rassicurante santuario a forma di testuggine, che ama stupire chi viaggia su questa strada. Ma ora ci attende una discesa veloce e tecnica sulla quale mantenere l’attenzione e aumentare la media, a patto di fare attenzione al traffico e alla ristrettezza della carreggiata.

L’anello si chiude come si era aperto, su ampi stradoni con ciclabile a bordo carreggiata.

Foto