la Grande Traversata Elbana
L’Elba è un’isola piena e affascinante che riecheggia del nome del’Uom Fatale di manzoniana memoria. Coi suoi boschi rigogliosi, le sue calette nascoste già toccate da Edmond nel Conte di Montecristo, assieme al Giglio è la più importante dell’Arcipelago Toscano, con una costa a contemplare Piombino e l’altra ad abbracciare con lo sguardo la Corsica.
Meta di velisti e bagnanti appassionati di snorkeling, al suo interno l’Elba conserva una natura incontaminata e una rete di sentieri escursionistici sospesi tra terra e mare. E se specialmente d’estate le coste sono affollate dal turismo convenzionale, nel suo interno l’isola nasconde un cuore aspro e poco accessibile, quasi montano. Nonostante le sue ridotte dimensioni (l’isola è lunga poco più di 20 km da un capo all’altro), è infatti possibile raggiungere in poco quote considerevoli: coi suoi mille e passa metri, il Monte Capanne è la cima più alta.
Per gli amanti della MTB tecnica e dei single track, sicuramente l’Elba Gravity Park o il Capoliveri Bike Park sono scelte d’eccezione, al punto da aver ricevuto menzione come “miglior bike park al mondo” da molti biker internazionali (ci si disputa la Capoliveri Legend Cup). Ma per noi che siamo esploratori a passo lento, amanti della fatica ma non della performance, la Grande Traversata Elbana è sicuramente il percorso migliore. Parliamo di una direttrice orizzontale che taglia l’isola lungo i crinali delle alture, che sono tante e boscose: un percorso da trekking spettacolare, con delle varianti per MTB che lo rendono più pedalabile.
A questo punto si apre un importante disclaimer: la GTE parte da Cavo e arriva a Pomonte, tagliando l’Elba da est a ovest. Noi, avendo il limite di due giorni liberi, degli orari dei traghetti e soprattutto essendo stati facile preda di superficiali suggerimenti di alcuni nativi, abbiamo tentato il percorso nel senso opposto, arrivando dapprima a Pomonte su asfalto il primo giorno, e poi muovendoci verso est in direzione Cavo, senza però riuscire a completarlo per via degli orari dell’ultimo traghetto della domenica. Questa scelta si è rivelata fallimentare, perché la salita verso il Monte Capanne da ovest, forse percorribile in discesa con doti tecniche che noi non abbiamo certo, si è rivelata impedalabile, facendoci fare 5 km di portage (o spingismo, per i non francofoni) e anche di sollevage (alcune rocce richiedevano di alzare la bici oltre il torace per essere superate) in una macchia mediterranea in cui il ginepro non perdona. E così, a metà del pomeriggio abbiamo dovuto lasciare la traccia per concludere a Portoferraio in tempo per tornare sul continente.
Fatta questa premessa, starà al lettore scegliere se seguire la traccia originale nel verso originale (si tratta di circa 80kmn misti tra single track tecnici e sterrati da Cavo a Pomonte, e l’ideale per godersela, fare bagni al mare ed esplorare con calma i dintorni sarebbero tre giorni), oppure ripercorrere il nostro maldestro tentativo elbano.
Percorso svolto effettivamente – giorno 1
- DISTANZA: 35,7 km
- ALTIMETRIA: 770m+
- FONDO STRADALE: asfalto 70% sterrato 30%
- PARTENZA: Portoferraio
- ARRIVO: Pomonte
- TRACCIA GPX: scarica qui
Tra regionale da Roma e traghetto da Piombino arriviamo sull’isola nel pomeriggio, in tempo per dedicare all’avvicinamento le ultime ore di luce, con 35 km di asfalto lungo la costa nord, e alla scelta di un campo base sicuro dove piantare la tenda. L’Elba ha un sapore tutto particolare, come ogni isola è unica e uguale solo a sé stessa, un sapore in cui si sente la storia traspirare tra gli arbusti lussureggianti, in cui i pochi villaggi ancora traspaiono attraverso le scintillanti riviere turistiche. Dietro le luci dell’Elba chic, infatti, sopravvivono casette squadrate e sobrie, fatte di corrimano arrugginiti e colori pastello, che tradiscono quell’identità che nelle isole è forte, ma che a volte viene confusa dalla standardizzante attitudine alla ricezione. Questi 35 km sono altalenanti, e benché notevolmente più semplici del giorno che ci attende, non lesinano saliscendi anche ostici: accumuliamo quasi 800 metri di dislivello prima che il sole cali, e ci scegliamo prima una spiaggia sassosa in cui fare un bagno notturno, poi una radura nei pressi del paese di Pomonte per accamparci. A proposito di Pomonte: da queste parti è affondato un mercantile inglese, l’Elviscot, a una decina di metri di profondità, e ancora oggi è possibile visitarne il relitto adagiato sul fondo con modeste competenze di snorkeling e immersione.
La notte è il regno dei cinghiali, che grufolano attorno alla tenda, dei ragni tigre e delle mantidi religiose. L’Elba ha una natura prorompente, in cui l’uomo pare una volta tanto l’ospite a malapena tollerato e non il padrone, e sa mischiare spiagge caraibiche a foreste primordiali e ombrose.
Percorso svolto effettivamente – giorno 2
- DISTANZA: 31,9 km
- ALTIMETRIA: 1020m+
- FONDO STRADALE: single track (molti tratti non pedalabili)
- PARTENZA: Pomonte
- ARRIVO: Portoferraio
- TRACCIA GPX: scarica qui
Il giorno successivo perserviamo nell’Errore, decidendo di affrontare il GTE nel senso opposto a quello consigliato. Il sentiero che imbocchiamo da Pomonte si rivela un’inesorabile, lentissima scalata in cui accompagniamo a mano le bici con grande sforzo, seguendo una traccia CAI in cui a volte bisogna sollevarsi coi quattro arti per superare rocce adunche o scaloni improvvisi. Quando il sentiero poi sarebbe pedalabile, intervengono prepotenti cespugli di ginepro a marchiare caviglie e braccia come fossero badge aziendali – e a ripetere la procedura sulla ferita aperta, trattandosi sempre della stessa altezza. Avanziamo arrancando con gemiti di dolore nella tronfia macchia mediterranea, guadagnando quota, mentre la cima del Monte Capanne sovrasta il cammino.