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La scalata del Monte Autore [MTB]

Partenza
Campaegli
Arrivo
Campaegli
Chilometraggio
23 Km
Dislivello in ascesa
670 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Regione
Fondo stradale
Le mie bici

IL TETTO DEI SIMBRUINI
Coi suoi 1853m sul livello del mare, il Monte Autore costituisce la terza cima dei Monti Simbruini e la prima della provincia di Roma, pur trovandosi a un passo dal confine abruzzese. I sentieri che lo percorrono sono tanti e affascinanti, tutti adatti a un livello medio-facile di mtb (si tratta perlopiù di stradoni sterrati ben segnalati, nessun salto o discesa tecnica).

L’unico handicap logistico è la lontananza di qualsiasi stazione ferroviaria: la più vicina è quella di Carsoli, così per questioni di tempo abbiamo – malvolentieri, beninteso – ripiegare sul trasporto in macchina per iniziare a pedalare già in quota, da Campaegli, frazione del bel borgo di Cervara di Roma. I volenterosi e gli amanti delle salite potranno però aggiungere il muro altimetrico utilizzando il treno e aggiungendo una ventina di km di salita (e altrettanti di discesa), con Carsoli come punto di partenza e ritorno.

Il prezzo è il sudore, la ricompensa per la quota è il silenzio e la pace immensa dei boschi di castagni e del vento che sa di neve anche d’estate. Da Campaegli ci avviamo immediatamente per un tratturo sassoso in falsopiano, che taglia un’ampia vallata con andatura incerta. Sparsi e indolenti, bovini al pascolo.
La strada si addentra poi per delle macchie boscose: il loro colore è stagionale, in ogni caso vivificante. Nero su bianco d’inverno, marrone su rosso d’autunno e primavera, verde su verde d’estate. Seguiamo agevolmente la nostra traccia gps aiutati anche dalla sempre presente segnaletica CAI: ci sono varie possibilità di anelli anche sopra Livata, ma dopo una pausa all’unica locanda-ristorante (menzione speciale per i panini scamorza, salsiccia e tartufi) giriamo a sinistra e affrontiamo i primi veri dislivelli.
Questo ristoro tra Livata, all’altezza dell’intersezione tra l’anello e la strada che porta in cima nel nostro percorso, costituisce l’unico posto in cui prendere acqua, per cui è opportuno regolarsi di conseguenza, come ogni volta che si va in montagna.
La strada regala vallate improvvise e tratti nella vegetazione folta, nella quale resistono sporadiche sacche di neve anche in primavera. L’ultimo chilometro verso la cima è un single-track in bilico sul costone di una ripida vallata, che dischiude lo splendido panorama simbruino, dai monti in lontananza a quelli in Vicinanza.
Ci troviamo a poche vallate di distanza da Vallepietra, set di alcune scene del film “Lo chiamavano trinità” con Bud Spencer e Terence Hill. Il sentiero per arrivarci, più lungo, è comunque indicato dalla rete CAI.
Superato l’ultimo ostacolo e le vertigini da orrido, ci troviamo in vetta: uno spazio rado, brullo, sassoso, dove il vento sferza senza pietà un cumulo di pietre bianche che indica la cima. Tutto intorno, cielo e nuvole.
Esistono due sentieri per la vetta, ma noi per ragioni di tempo abbiamo preferito tornare sui nostri passi e poi sulla strada asfaltata verso Livata.
Dopo la vertiginosa discesa, il sentiero per tornare a Campaegli è una mulattiera sconnessa e sassosa che offre ulteriori, inaspettati passaggi sul versante laziale e sul bel castello di Carsoli, che dopo qualche km di falsopiano piuttosto impegnativo riconduce a Campaegli. A questo punto, se siete venuti in treno e avete pagato pegno per arrivare qui da Carsoli, avrete la meritata ricompensa di 20 km di discesa monumentale, violenta, solenne.

Foto