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La vecchia ferrovia Capranica – Civitavecchia [MTB]

Partenza
Capranica stazione FS
Arrivo
Civitavecchia stazione FS
File gpx
Chilometraggio
54 Km
Dislivello in ascesa
390 Mt
Tipologia di percorso
Paesaggio
Regione
Fondo stradale

Un itinerario affascinante nel cuore dell’Etruria, ricavato dal manto dei binari dell’ex tratta ferroviaria Capranica – Civitavecchia, che negli anni è diventato una sorta di feticcio degli amanti della mountain bike: nonostante il percorso sia poco curato, infatti, garantisce a chi ha voglia di natura e un minimo di adattabilità ben 50 km di natura selvaggia senza troppo impegno in termini di dislivello.

Se la manutenzione e la segnaletica del percorso fossero adeguate e costanti, infatti, questo itinerario non sfigurerebbe affatto accanto alle pluripremiate ciclabili Spoleto-Norcia e Spoleto-Assisi: storia, cultura, natura e divertimento ciclistico si fondono infatti nella cornice delle ondulate terre etrusche, in cui il vento costiero che arriva dal Tirreno si fa strada a fatica tra i monti della Tolfa e va a lambire la zona dei laghi e delle formazioni rocciose di cui è ricca la zona. Ma andiamo con ordine.

Nonostante il percorso segua una graduale ma inesorabile discesa verso il mare, appena percettibile, non è adatto a tutti, né tantomeno a ciclisti della domenica: ci sono alcuni ostacoli che rendono la pedalata divertente o problematica – a seconda dei gusti. Partendo dalla stazione ferroviaria di Capranica, sulla linea per Roma-Viterbo, seguiamo la traccia gpx per inoltrarci subito in una strada sterrata, lungo quello che è il tratto più tranquillo e agevole dell’intero percorso: incrociamo un paio di volte il percorso della strada provinciale fino a Barbarano Romano, prima delle ex stazioni lungo il percorso.

I ruderi affascinanti di queste costruzioni mangiate dai rampicanti ci accompagneranno infatti per tutto il tracciato, scandendo l’andatura e le tappe di quella che una volta è stata la ferrovia verso la costa tirrenica. La strada lambisce il Parco Regionale di Marturanum, antica città etrusca, e da qui il percorso si fa più selvaggio: dal fondo sterrato si passa a quello sassoso, la strada in leggera discesa si inabissa nelle paratie in cemento fino ad arrivare alla prima galleria: si tratta di un breve traforo non illuminato (occhio alla canalina di scolo al centro della carreggiata, dove scorre l’acqua!), fortunatamente la luce in fondo al tunnel non è quella di un treno in arrivo, ma anzi dà abbastanza luce per attraversarlo in scioltezza.

Qualche chilometro più in avanti, ci troviamo nel punto più spettacolare dell’intero tracciato, il ponte ferroviario sul Mignone: una struttura fatiscente in acciaio, abbastanza simile a Ponte dell’Industria sul Tevere, se non fosse che è verde, si spalanca su un salto di una sessantina di metri e mette alla prova chi soffre di vertigini – ci sono molti spazi vuoti nel camminarci sopra.

Proseguendo, altre difficoltà / divertimenti ci si parano innanzi: una seconda galleria ben più lunga della precedente, più di un chilometro, che richiede buone luci (la canalina di cemento scorre sempre al centro, e al buio totale si perde il senso dell’equilibrio e della linea retta finendo a strusciare sulla parete lateralo o inciampando con la ruota dentro di essa – provate entrambe) e l’accortezza di tenersi su uno dei due lati. L’esperienza di pedalare nel buio ha comunque del surreale, un via di mezzo tra Platone e i Pink Floyd. Alla fine della galleria, un muretto di cemento alto circa un metro e venti impedisce il passaggio: per scavalcare è consigliabile essere almeno in due, in modo da passarsi le bici a turno e poi scavalcare.

Ma le sorprese non sono finite: subito dopo il muretto di cemento, ci attendono alcune centinaia di metri nel fango costante: un single track stretto tra i cespugli in cui scorre perennemente un rivolo di cinque – dieci centimentri di acqua e melma, che richiedono buon equilibrio e sangue freddo. È opportuno non fermarsi mai fine alla fine del tratto bagnato e affrontarlo coi rapporti più leggeri, facendo attenzione ai rami.  Nel frattempo scorrono le altre stazioni, i cartelli che ne recano i nomi disegnano scenari western casareccio: Monteromano, Blera, Allumiere. Un’ultima difficoltà si trova a pochi chilometri da Civitavecchia, un breve tratto in single track sassoso in lieve salita, forse l’unica del percorso: qui l’erosione e le piogge frequenti hanno scavato un profondo solco al centro, che rendono difficile restare in equilibrio, operazione resa peraltro ancor più ardua dai rovi che chiudono il cammino.

Giunti nei pressi dell’Aurelia, possiamo imboccare la strada asfaltata fino a seguire le indicazioni per il centro prima e per la stazione ferroviaria poi – oppure deviare in salita per Allumiere, se non se ne ha ancora abbastanza e si vuole far penitenza.

Foto