la Via Verde dei Trabocchi da Pescara a San Salvo
La Via Verde dei Trabocchi
Questo itinerario lungo la costa adriatica è facile e di grande impatto scenico.
Scendendo verso sud da Pescara, infatti, ripercorre la stupenda Costa dei Trabocchi da Ortona a San Salvo, uno dei pochi punti in cui il mare Adriatico regala qualche contorno frastagliato e si libera delle monotone piane mucillaginose.
I trabocchi (o trabucchi secondo le varianti molisane e pugliesi) erano strutture tradizionali a palafitte usate per la pesca con sistemi di argani e reti: pur vantando un’eccellente cucina marinara, gli Abruzzesi non hanno mai amato la navigazione e in questo modo potevano pescare senza spingersi al largo. Oggi la maggior parte dei trabocchi ospita deliziosi ristorantini di pesce dove è possibile assaggiare il celebre brodetto alla vastese (o alla sanvitese? Mai mettere bocca su questioni di paesi confinanti!).
Il tracciato della Via Verde dei Trabocchi sfrutta il sedime ferroviario dell’ex linea adriatica, seguendone tutte le gallerie costiere lungo i paesi di questo tratto di costa, sospesi tra il verde delle colline e l’azzurro del mare: quando poi sulla vicina Majella le cime si tingono di neve, ecco i tre colori della Regione Abruzzo unirsi nel paesaggio. Il tracciato è tranquillo, sicuro e quasi del tutto pianeggiante, e costituisce un itinerario perfetto anche per le prime pedalate fuori porta. È inoltre molto comodo fatto che si snodi accanto alla nuova linea ferroviaria, passando per le stazioni di Pescara, Francavilla, Ortona, Casalbordino e Vasto, nelle quali è possibile servirsi del servizio di trasporto bici.
Questo itinerario costiero fa inoltre da asse a una sorta di struttura cicloturistica a pettine, in cui le valli create dai vari fiumi che sfociano nell’Adriatico (il Trigno, il Sinello, il Sangro, l’Alento, il Pescara), che si portano appresso altrettante strade dirette verso l’interno senza troppi dislivelli. Insomma, un paradiso per il cicloturismo abruzzese, che è una realtà in costante sviluppo.
Va però fatta una precisazione: quella che è forse la più spettacolare ciclabile italiana ha un iter di realizzazione lungo e travagliato. Annunciata infatti più di cinque anni fa, non è ancora percorribile nella sua totalità, anche se ad oggi le interruzioni si limitano a un paio di piccoli tratti.
Sarà quindi utile descrivere questo itinerario in una sorta di roadbook, per capire quar quanti siano i tratti effettivamente percorribili e quali le interruzioni, almeno alla data di luglio 2020.
Da Pescara a Francavilla
Questo primo tratto non fa parte della Via Verde vera e propria, anche se è praticamente tutto ciclabile e agevole: dal lungomare ciclabile di Pescara usciamo prr lo scenico ponte ciclopedonale dal centro abitato verso sud, passando tra gli stabilimenti e le passerelle in legno: il panorama è gradevole ma ancora ordinario rispetto al poi, e questa prima parte di lungomare è molto antropizzata: lidi e pinete si alternano lungo un Adriatico placido e chiaro.
Giunti dalle parti di xxxxxxx, la corsia riservata alle bici si interrompe, anche se il lungomare resta una via sicura e poco battuta dalle auto: prendiamo un sottopasso decorato da bei murales per immetterci sulla SS16 Adriatica per un paio di km, e riguadagnare di nuovo il lungomare a bassa percorrenza.
Francavilla al mare
Giungiamo così a Francavilla, vivace centro balneare nell’orbita pescarese. Il lungomare torna ciclabile con corsie dedicate (e molto frequentate!). Nei locali dell’attuale stazione ferroviaria trova alloggio la ciclostazione dei trabocchi, punto vendita Bianchi e tour operator locale con noleggio bici e officina. Da qui continuiamo a scendere verso sud e il tratto più spettacolare.
Da Francavilla a Ortona
Dopo Francavilla ci ritroviamo su un lungomare non ciclabile ma poco trafficato. È in questo tratto che ci aspettano gli unici (risibili) dislivelli dell’intero tracciato, là dove la strada si inerpica su un promontorio non valicabile al livello del mare. Attraversiamo vigneti e una surreale ex stazione di servizio che invece di vendere benzina ora ripara e vende vecchie bici d’epoca. Uno spazio che porta immobile i segni di un passato recente eppure lontano, una delle tante realtà residuali d’Abruzzo che si scoprono soltanto spostandosi lenti. Da qui in poi, occhio agli ingressi delle spiagge, che iniziano a farsi belle e invogliano a un tuffo. Siamo nel pieno del Promontorio Dannunziano, pieno di pineti e qualche pioggia. Taci, Ermione!
Pochi km più avanti, la piccola quota guadagnata poco prima viene rilasciata in maniera improvvisa e panoramica: due o tornanti con affaccio sulla brezza marina, e di fronte ci troviamo la rocca di Ortona sovrastata dalla mole della Cattedrale di San Tommaso. Attenzione, però: per entrare in centro si prende una ripida salita a destra, ma in questo modo si salta il punto più panoramico della Via Verde dei Trabocchi, che rimane bassa sul mare senza attraversare il paese.
Poco prima di entrare a Ortona, infatti, svoltiamo ancora in discesa a sinistra dove un cartello di legno ci indica l’ingresso alla ciclabile; non lasciatevi spaventare dallo sterrato sconnesso, sono alcune decine di metri, e probabilmente quando i lavori saranno completati l’ingresso sarà più agevole.
Da Ortona al porto di Ortona
Ci ritroviamo così in uno dei tratti più spettacolari della ciclovia: l’asfalto verde e azzurro che fa coppia col mare a pochi metri, Ortona poco più in alto, i primi trabocchi che fendono le onde in perenne equilibrio precario. In questo tratto il vento accompagna la pedalata, e accelerare il passo è quasi un peccato, l’andatura va goduta. La ciclabile così agghindata prosegue davanti al Porto di Ortona, ma si interrompe all’altezza di Lido Saraceno, dove al momento è aperto il cantiere recintato da reti metalliche.
Le reti in questioni sono aperte ed è possibile proseguire su fondo sassoso (una bici da corsa farà un po’ fatica,nessun problema per gravel e trekking) fino alla galleria più lunga del tracciato, che al momento è sbarrata e inaccessibile. Per superarla abbiamo due modi: tornare indietro sulla SS16 Adriatica oppure fare un tratto a spinta sulla spiaggia a sinistra della galleria, Acquabella. Da qui un sentiero sassoso di un centinaio di metri ci riporta proprio sopra la galleria chiusa, e scendendo di nuovo a sinistra riguadagniamo la ciclabile al suo sbocco. Villaggio pescatori carino
Da qui ritroviamo asfalto liscio e altre gallerie aperte, più altri trabocchi e panorami splendidi. In generale quella appena passata è l’interruzione più significativa e il percorso fino a Lu Uast’ è diretto. Frech’t!
Da San Vito a Le Morge
Si apre un’altra sezione molto affascinante e piacevole, quella di San Vito Chietino. Qui c’è un po’ di movida ittica, e il ciclista cialtrone non avrà remore a fermarsi per una frittura o due cozze ripiene, specialità delle quali la zona abbonda. La soluzione più gettonata (ed economica!) rimane Le Frit c’est chic, sorta di cooperativa di pescatori self service che propone piatti di pescato fresco a prezzi popolari. Famosi per la frittura di calamari e totani, i loro tavoli all’aperto impongono una sosta. Dopo la cooperativa, si può rincarare la dose con le due pasticcerie adiacenti, famose per i bocconotti, il tipico dolce di queste zone.
Proseguendo con quella punta di ebbrezza beota del bianco frizzante e ghiacciato, incontriamo altre gallerie lungo il tracciato, tutte aperte e brevi, un paio anche aerate da larghe arcate sul mare.
Più in là verso sud, merita senz’altro una deviazione dal percorso l’Abbazia di Fossacesia, complesso monastico xxxxxxx appoggiato su un colle che affaccia sul mare. Per arrivarci, considerate un paio di km di leggera salita (segnati nella traccia gps). Un breve tratto tra Torino di Sangro e il trabocco Le Morge presenta due o tre km di fondo sassoso, tuttavia percorribile con copertoni abbastanza spessi o aggirabili sulla statale parallela.
Da Le Morge a Punta Aderci
Superato il bel ponte ferroviario sul Sangro, maggiore fiume della zona, inizia il tratto più selvaggio e naturalistico dell’intera Via Verde: prima attraverso il bosco costiero nei pressi di Mottagrossa, lungo tratto ombroso a ridosso del mare; poi, dopo il tranquillo tratto di lungomare (non ciclabile) di Casalbordino, nella riserva di Punta Aderci. I due piccoli promontori a picco sul mare ricreano un’Irlanda mediterranea, contornata dalle fragili strutture dei trabocchi e da un Adriatico color verde bottiglia. La strada è uno sterrato in terra bianca battuta con fondo in cemento, che è percorribile agevolmente anche in bici da corsa, e abbiamo dei lievi saliscendi panoramici che si allontanano e avvicinano alla costa.
Da Punta Aderci a Vasto/San Salvo
L’ultimo tratto di itinerario deve farsi largo tra le strade della zona portuale di Punta Penna, dove svetta il secondo fare più alto d’Italia dopo quello di Genova, e le pendici della rocca di Vasto, meravigliosa cittadella greca, poi romana e infine spagnola (queste terre erano possedimento dei D’Avalos, affiliati agli Aragona ortonesi). Purtroppo le ultime gallerie che porterebbero direttamente a Vasto marina sono ancora chiuse, mentre la ciclabile costiera prosegue senza interruzioni fino alla stazione balneare di San Salvo. Quest’ultima interruzione ha però il pregio di portarci nel centro di Vasto per una visita del suo centro storico.
Dopo Francavilla ci ritroviamo su un lungomare non ciclabile ma poco trafficato. È in questo tratto che ci aspettano gli unici (risibili) dislivelli dell’intero tracciato, là dove la strada si inerpica su un promontorio non valicabile al livello del mare. Attraversiamo vigneti e una surreale ex stazione di servizio che invece di vendere benzina ora ripara e vende vecchie bici d’epoca. Uno spazio che porta immobile i segni di un passato recente eppure lontano, una delle tante realtà residuali d’Abruzzo che si scoprono soltanto spostandosi lenti. Da qui in poi, occhio agli ingressi delle spiagge, che iniziano a farsi belle e invogliano a un tuffo. Siamo nel pieno del Promontorio Dannunziano, pieno di pineti e qualche pioggia. Taci, Ermione!
Pochi km più avanti, la piccola quota guadagnata poco prima viene rilasciata in maniera improvvisa e panoramica: due o tornanti con affaccio sulla brezza marina, e di fronte ci troviamo la rocca di Ortona sovrastata dalla mole della Cattedrale di San Tommaso. Attenzione, però: per entrare in centro si prende una ripida salita a destra, ma in questo modo si salta il punto più panoramico della Via Verde dei Trabocchi, che rimane bassa sul mare senza attraversare il paese.
Poco prima di entrare a Ortona, infatti, svoltiamo ancora in discesa a sinistra dove un cartello di legno ci indica l’ingresso alla ciclabile; non lasciatevi spaventare dallo sterrato sconnesso, sono alcune decine di metri, e probabilmente quando i lavori saranno completati l’ingresso sarà più agevole.
Da Ortona al porto di Ortona
Ci ritroviamo così in uno dei tratti più spettacolari della ciclovia: l’asfalto verde e azzurro che fa coppia col mare a pochi metri, Ortona poco più in alto, i primi trabocchi che fendono le onde in perenne equilibrio precario. In questo tratto il vento accompagna la pedalata, e accelerare il passo è quasi un peccato, l’andatura va goduta. La ciclabile così agghindata prosegue davanti al Porto di Ortona, ma si interrompe all’altezza di Lido Saraceno, dove al momento è aperto il cantiere recintato da reti metalliche.
Le reti in questioni sono aperte ed è possibile proseguire su fondo sassoso (una bici da corsa farà un po’ fatica,nessun problema per gravel e trekking) fino alla galleria più lunga del tracciato, che al momento è sbarrata e inaccessibile. Per superarla abbiamo due modi: tornare indietro sulla SS16 Adriatica oppure fare un tratto a spinta sulla spiaggia a sinistra della galleria, Acquabella. Da qui un sentiero sassoso di un centinaio di metri ci riporta proprio sopra la galleria chiusa, e scendendo di nuovo a sinistra riguadagniamo la ciclabile al suo sbocco. Villaggio pescatori carino
Da qui ritroviamo asfalto liscio e altre gallerie aperte, più altri trabocchi e panorami splendidi. In generale quella appena passata è l’interruzione più significativa e il percorso fino a Lu Uast’ è diretto. Frech’t!
Da San Vito a Le Morge
Si apre un’altra sezione molto affascinante e piacevole, quella di San Vito Chietino. Qui c’è un po’ di movida ittica, e il ciclista cialtrone non avrà remore a fermarsi per una frittura o due cozze ripiene, specialità delle quali la zona abbonda. La soluzione più gettonata (ed economica!) rimane Le Frit c’est chic, sorta di cooperativa di pescatori self service che propone piatti di pescato fresco a prezzi popolari. Famosi per la frittura di calamari e totani, i loro tavoli all’aperto impongono una sosta. Dopo la cooperativa, si può rincarare la dose con le due pasticcerie adiacenti, famose per i bocconotti, il tipico dolce di queste zone.
Proseguendo con quella punta di ebbrezza beota del bianco frizzante e ghiacciato, incontriamo altre gallerie lungo il tracciato, tutte aperte e brevi, un paio anche aerate da larghe arcate sul mare.
Più in là verso sud, merita senz’altro una deviazione dal percorso l’Abbazia di Fossacesia, complesso monastico xxxxxxx appoggiato su un colle che affaccia sul mare. Per arrivarci, considerate un paio di km di leggera salita (segnati nella traccia gps). Un breve tratto tra Torino di Sangro e il trabocco Le Morge presenta due o tre km di fondo sassoso, tuttavia percorribile con copertoni abbastanza spessi o aggirabili sulla statale parallela.
Da Le Morge a Punta Aderci
Superato il bel ponte ferroviario sul Sangro, maggiore fiume della zona, inizia il tratto più selvaggio e naturalistico dell’intera Via Verde: prima attraverso il bosco costiero nei pressi di Mottagrossa, lungo tratto ombroso a ridosso del mare; poi, dopo il tranquillo tratto di lungomare (non ciclabile) di Casalbordino, nella riserva di Punta Aderci. I due piccoli promontori a picco sul mare ricreano un’Irlanda mediterranea, contornata dalle fragili strutture dei trabocchi e da un Adriatico color verde bottiglia. La strada è uno sterrato in terra bianca battuta con fondo in cemento, che è percorribile agevolmente anche in bici da corsa, e abbiamo dei lievi saliscendi panoramici che si allontanano e avvicinano alla costa.
Da Punta Aderci a Vasto/San Salvo
L’ultimo tratto di itinerario deve farsi largo tra le strade della zona portuale di Punta Penna, dove svetta il secondo fare più alto d’Italia dopo quello di Genova, e le pendici della rocca di Vasto, meravigliosa cittadella greca, poi romana e infine spagnola (queste terre erano possedimento dei D’Avalos, affiliati agli Aragona ortonesi). Purtroppo le ultime gallerie che porterebbero direttamente a Vasto marina sono ancora chiuse, mentre la ciclabile costiera prosegue senza interruzioni fino alla stazione balneare di San Salvo,