Piove sui nostri volti silvestri
8 Ottobre 2014
Ricordati Barbara
pioveva senza sosta quel giorno su Brest
però pure Roma mica fischia
(J.Prévert in visita sulla ciclabile del Lungotevere)
L’abitudine di parlare, quasi sempre male, del tempo meteorologico è vezzo tipicamente inglese.
L’abitudine di lamentarsi dei disagi causati dalla pioggia è vezzo tipicamente italiano.
L’abitudine di spostare l’oggetto della propria frustrazione mobil-meteorologica sulla giunta politica in carica è vezzo drammaticamente romano.
Lungi da me giustificare le ultime giunte capitoline, che si sono sempre dimostrate inadeguate a gestire una situazione già di suo complicata. Ma lamentarsi del traffico mentre si contribuisce a crearlo è un po’ come fare missioni di pace con l’esercito.
Quindi, usare la macchina per spostarsi dentro Roma è un po’ come usare le infradito per andare in montagna. E l’autunno mediterraneo ci attende ogni anno con il suo conto fatto di acquazzoni violenti, da pagare sotto forma di tempo perso, nervi tesi e vestiti bagnati. E chi pensa di stare al sicuro dentro il proprio abitacolo, pensi che prima o poi dovrà parcheggiare e mettere i piedi nel torrente creato dalle fogne intasate. Oltretutto, un recente studio britannico rivela che gli abitacoli delle automobili non sono neanche il luogo più salubre per quanto riguarda smog e inquinamento.
A volte, nella smania e nel desiderio di volersi troppo bene, la gente arriva a farsi del male, senza accorgersene. E così, quando la metà di settembre presenta il sopracitato conto di secchiate d’acqua, mi basta una mantella che mi rende un fantasma giallo e un paio di parafango per stare a posto. Percorro la ciclabile del Tevere semiallagata, le ruote di Falcor fendono la fanghiglia e le pozzanghere, imbocco via Ettore Rolli verso Piazzale della Radio, svolto per la Portuense, diretto a casa. Colonna di automobilisti disperati. Anche se loro sono al coperto, le loro ruote sono più piccole delle mie. Mi basta dare mezzi colpi di pedale per non portare i piedi ad altezza pantano. Giunto all’altezza del viadotto che passa sotto via Majorana, salgo sul marciapiede, il cui confine con la carreggiata è largamente sommerso e indistinto. Scene di panico collettivo all’inizio della salita della Portuense.
Mi piace l’odore di frizione bruciata le mattine di pioggia. Odora di vittoria.
Arrivo a casa coi calzini bagnati, e il resto asciutto. Ma i calzini costano di meno di una frizione. E comunque una volta lavati e asciugati possono essere anche riutilizzati.
NOTA IMPORTANTE: Arrivato alla fine di queste righe, mi sono accorto che il tono potrebbe essere quello saccente di chi ritiene di poter insegnare qualcosa a chi legge. Questa riflessione NON è il alcun modo una proclamazione ostentata di autocompiacimento. Non mi sento migliore di nessuno, non faccio proselitismo dell’uso della bici in città. non condanno chi utilizza l’automobile, sicuramente avrà i suoi motivi. Si tratta solo di una condivisione di un istinto di sopravvivenza, che per una serie di fortune casuali coincide con qualcosa che mi piace fare. Tradotto: io sono arrivato a queste conclusioni, e sono felice così, chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza, figuramose il meteo.
