5. QUANDO
5. QUANDO
5.1. Pioggia, vento, sole e ferie
Per il viaggiatore il Quando è un concetto relativo, subordinato al Come (che a sua volta è subordinato al Se). Viaggiare annulla il Tempo, lo possiede e fa proprio, un po’ Dean Markley dice di Charlie Parker in On The Road – “Lui sì che ha la nozione del tempo!” – o forse si riferisce soltanto al fatto che suoni bene il be-bop, ma ognuno ci vede quello che vuole. Quindi aprire un paragrafo sul Quando fare un viaggio potrebbe suonare quasi offensivo, antipoetico.
Tuttavia, esiste un concetto che consente di portare a termine progetti, magari anche da vivi e perfino in maniera piacevole, talvolta: si chiama realismo.
Sono solito viaggiare in ogni stagione e in ogni luogo senza preoccuparmi troppo del clima o delle condizioni meteorologiche, seguendo l’antico detto che “Tutto ciò che si bagna, prima o poi s’asciuga”: personalmente, la voglia (l’urgenza?) di viaggiare è tanta che la prima variante sono i giorni liberi a disposizione, ma chi ha modo di scegliersi la stagione può farsi due conti in base al caldo, al freddo, alla piovosità e ai grandi flussi turistici che rendono alcuni posti più affollati e meno vivibili – in generale, maggio, giugno, settembre e ottobre sono i miei mesi preferiti per pedalare.
5.2. Tra turismo e cicloturismo, tra città e umanità
Quando si è in viaggi di questo tipo, le convenzioni legate alla quotidianità su educazione, contegno e pulizia si scardinano, diventano lasche: attenzione, parlo di convenzioni e quindi di formalità, non di rispetto e solidarietà. Quelle aumentano, e non potrebbe essere altrimenti, visto che allontanarsi dalla propria tana implica uno spostamento di contesto fuori dall’ordinario, che mette in discussione il proprio status abituale.
Non appena si lasciano i rassicuranti confini di casa propria, il Mondo stesso – e poco importa che sia anch’esso antropizzato e nient’affatto selvaggio – diventa casa, e si crea immediatamente una spaccatura netta tra Mondo Rurale e Mondo Urbano: il primo, anche se non parliamo della steppa siberiana o del deserto cileno, è più a contatto con la natura, è abitato da persone accoglienti e semplici, offre tanto a prezzi abbordabili; il secondo è fatto di traffico, velocità e divieti, e ci riporta alla nostra cattiva coscienza dalla quale fuggiamo. Nei grandi centri non si trovano campeggi, tutto è turistico e standardizzato, bisogna sempre buttare un occhio alla bici per timore che te la rubino. Man mano che si viaggia sempre più forte è il desiderio di limitare il tempo trascorso nelle città e di aumentare quello in campagna, riservando alla metropoli il piacere di una visita da turista tradizionale – ma un’altra volta.